25 Novembre. Riflessioni, emozioni e paure sulla giornata

Amiatanews: Siena 26/10/2019
La statistica parla di 88 vittime ogni giorno: una donna ogni 15 minuti.

Ieri, lunedì 25 novembre, è stata la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.  L’ultimo report diffuso dalla Polizia di Stato “Questo non è amore” parla di 88 vittime ogni giorno: una donna ogni 15 minuti.
In occasione di questa data importante  abbiamo chiesto alla psicologa e psicoterapeuta Elena Lorenzini di rispondere ad alcune domande su questo tema.

Credo che le donne che hanno subito violenza e sono  riuscite a venir fuori da legami malati abbiano dentro un grande mix di emozioni, che ne pensa?
E’ vero la donna che dopo grande fatica riesce ad uscire dal ciclo della violenza, molte volte prova la rabbia con se stessa per aver creduto nel cambiamento del proprio uomo; di vergogna per quello che hanno subito e allo stesso tempo vergogna per  essere vittime. Poi provano anche un grande senso di colpa per non aver salvato la “famiglia” ed aver tolto ai figli il loro padre.

Fra tutte queste emozioni e stati d’animo secondo lei quale è la più pensate  da portarsi dentro e che frena il cambiamento?
Credo la paura di non essere creduta e di non farcela da sola, molte volte la violenza non è solo psicologica e fisica, ma anche economica e quindi la donna ha timore di non riuscire a rimettersi in moto e diventare indipendente.

Che lavoro viene fatto con le  donne vittime di violenza?
Viene iniziato un percorso durante il quale si aiuta a  trasformare i sentimenti negativi che bloccano l’evoluzione , in “benzina” per il cambiamento. Ad esempio passare dalla rabbia ad una forza costruttiva che le permetta di accettare e perdonarsi  di non aver capito chi aveva accanto. O anche riguardo al senso di colpa di non aver salvato la famiglia, pensare che la coppia è fatta da due persone e che uno da solo non può fare niente. Poi da vergogna a pretesa di rispetto da parte della società e dall’altro in generale, sono colei che ha subito e che non mi sono cercata niente.

Credo che nell’aiutare le donne maltrattate a volte si rischi di voler affrettare le loro decisioni per la paura che ci possano ripensare , che ne pensa?
Si concordo, a volte si corre il rischio se non  siamo consapevoli delle emozioni che queste persone possono suscitare in noi, di voler far fare alla signora il passo più lungo della sua gamba.
A volte vorremmo dare alla persona  che stiamo assistendo i nostri tempi di scelta e magari in alcuni casi spingerle a scegliere quando e come andare. I centri antiviolenza sono per la libera autodeterminazione della donna. Si cerca di accompagnare la persona senza spingerla in alcune scelte e accettando che a volte la stessa donna abbia un atteggiamento ambivalente, ad esempio lo odio, mi fa del male ma allo stesso tempo ci sto e lo amo, come se l’amore, la reazione e la violenza fossero inscindibili. In questi casi non possiamo far altro che accettare la scelta della donna.

A che punto siamo culturalmente?
Purtroppo dati statistici alla mano siamo ancora molto lontano da pensare risolto il problema della violenza. Dovremmo partire da una rieducazione dell’uomo e vedere i maltrattamenti intrafamiliari come una matrioska, diciamo una visione sistemico relazionale, ed intervenire sull’uomo che è la bambola più piccola della matrioska,  per poi passare a quelle più grandi che sono rispettivamente la donna, il contesto sociale, i bambini e bambini e l’educazione di genere, le relazioni uomo -donna e gli stereotipi ancora duri a morire. Solo in questa maniera lavorando sul sistema riusciremo a cambiarlo.

Esiste una differenza fra i vari tipi di violenza che una persona può subire?
Durante la mia esperienza al centro antiviolenza di Siena ho potuto constatare  che la violenza fisica è episodica, e non sempre cronicizzata. Mentre la violenza psicologica è quotidiana, fatta di svalutazione, umiliazioni continue ed  offese. Molte donne  ricordano e riferiscono più frequentemente le vessazioni subite che gli schiaffi. Ad oggi la questione è si sulla violenza fisica che purtroppo c’è ed i casi di cronaca sono gli effetti, ma c’ è anche un mondo di poteri , sopraffazioni e sottomissione psicologica che difficilmente viene fuori.

Per concludere cosa consiglia alle donne e alle persone che vivono o hanno visto  una violenza?
Per quanto riguarda la donna vittima di violenza io consiglio di parlarne con qualche  amica e insieme trovare la forza di andare a fare due parole nei cav per sapere quali sono i diritti e cosa si può fare, perché conoscere le conseguenze ci fa essere più padrone delle scelte. Altra cosa che consiglio  se si è state lasciate e l’ex vi chiede un ultimo appuntamento per chiarirsi non andare mai, perché  se l’ex è già stato feroce e rabbioso è poco probabile che adesso, così improvvisamente, da solo abbia capito, abbia ricevuto l’illuminazione. Anche perché se andiamo all’ultimo appuntamento, mettiamo anche che non voglia uccidere, basta una parola che lui percepisce fuori “dalle aspettative” che lo farà reagire, e poi avrà anche imparato che insistendo, e minacciando ottiene la clemenza e la  soggezione.
Per quanto riguarda “gli spettatori “della violenza ovvero chi si trova a vedere atti di violenza, credo che sia doveroso prendere una posizione senza mettersi in pericolo ma almeno quando opportuno aiutare la persona che ha subito a sentirsi meno sola e colui che fa violenza a capire che sta sbagliando. Credo che tutti possiamo essere delle buone sentinelle e quindi aiutare chi in quel momento pensa di non avere la forza ed il coraggio per far valere il diritto al rispetto personale.

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