Piancastagnaio. "Siamo tornati da Torino; questo è l'importante."

Amiatanews (Marco Conti): Piancastagnaio 08/062017 Giovani tifosi juventini pianesi, raccontano la serata di Piazza San Carlo alcuni giorni dopo la terribile esperienza. “Minuti di terrore e paure sconosciute per no. Siamo stati fortunati; il nostro pensiero è per chi lo è stato di meno, come il piccolo tifoso ancora sofferente.”

“Ce la siamo vista davvero brutta; abbiamo conosciuto una paura nuova, sconosciuta che ancora ci turba; per questo siamo ancora più felici di raccontarla.” Sono queste le prime parole Simone, Nicola e Alessio, tre degli otto ragazzi di Piancastagnaio (Dario, Nicola, Gabriele, Mario e Daniele), che lo scorso Sabato erano in Piazza San Carlo a Torino e che hanno vissuto realmente quella che poteva essere veramente una tragedia sotto ogni punto di vista. Abbiamo aspettato alcuni giorni prima di pubblicare le loro reazioni, anche rispettando l’evolversi di una ferita subita da uno di loro, Nicola, che, pur leggera, ha reso necessario l’intervento al Pronto Soccorso di un ospedale torinese, per una sutura di cinque punti al taglio causato da un frammento di una bottiglia su cui è caduto in quegli attimi di paura. Atteso anche per vedere più sereni gli animi e i pensieri delle famiglie dei giovani che, fortunatamente, li han visti rientrare sani e salvi da una trasferta che da gioia ha rischiato seriamente di trasformarsi in tristezza vera.

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Gli otto tifosi, più o meno coetanei, studenti o già inseriti nel mondo del lavoro, giovani e allegri, erano partiti per Torino, come due anni fa per la finale tra la Juventus e il Barcellona, convinti di passare comunque un fine settimana all’insegna dell’allegria e dello stare insieme tra amici e, da buoni tifosi, di assistere, questa volta, al trionfo della loro squadra del cuore. Stesso bed&breakfast di due anni fa, un pullminno, l’autostrada e via… destinazione Piazza San Carlo.

“S’era ormai verso la fine della partita, almeno sotto l’aspetto del risultato; il Real Madrid aveva appena segnato la sua terza rete e la piazza era sicuramente sottotono e in via di smobilitazione, con centinaia di persone, fra le decina di migliaia presenti, che si apprestavano ad uscire dall’area delimitata dalle barriere in ferro – continuano Simone, Nicola e Alessio durante il nostro incontro di tre sere fa – improvvisamente, proprio a due-tre metri da noi, c’è stato un parapiglia generale; in un attimo s’è creato un vuoto attorno a un ragazzo, il ragazzo poi divenuto ben noto in questi giorni, con centinaia di persone che si sono allontanate da lui simultaneamente spingendo le altre e causando quel che tutti sappiamo. Da lì, un vero e proprio finimondo, con le persone che fuggivano e urlavano all’impazzata disordinatamente senza un coordinamento, cadendo su alcune delle transenne in ferro presenti nella piazza, anch’esse motivo di infortunio. Ma la cosa peggiore, che ha causato molti dei feriti, sono stati i tantissimi vetri in terra delle bottiglie, prevalentemente di birra, dove migliaia di persone sono cadute a causa dell’enorme pressione subita e molte di loro sono state anche calpestate dalla folla in preda a un vero e proprio terrore. Sangue, molto sangue, dappertutto… dalla Piazza a Viale Roma, sui marmi e nei portici che delimitano la grande piazza. E scarpe, moltissime scarpe sul selciato… ci hanno impressionato.”

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Effettivamente, la presenza di migliaia di frammenti di vetro, più o meno grandi, è da tutti testimoniata e riportata anche dagli organi di informazione. Durante il nostro incontro, questo aspetto è subito stato messo in evidenza dai ragazzi. “E’ vero, questa situazione ci è sembrata paradossale sin da subito – continuano i tre giovani – Ce ne siamo resi conto arrivando in Piazza San Carlo e, memori della nostra esperienza di due anni fa quando venimmo a Torino per la finale col Barcellona, abbiamo notato delle differenze significative che, alla fine, possono aver inciso nell’evolversi della triste serata. Dapprima il fatto che c’era solamente un maxi schermo rispetto ai due della precedente finale, la seconda che, pur controllati a campione col metal detector prima di oltrepassare le barriere in ferro per entrare in Piazza San Carlo, vi erano diversi ambulanti di birra in vetro distribuiti nell’area che vendevano girando liberamente. E pensare che ci eravamo preoccupati di avere con noi solamente bottiglie di plastica con le nostre bevande che, tra l’altro, avevamo liberamente mostrato alle forze dell’ordine prima di entrare per esser tranquilli una volta sistemati dinanzi al mega schermo.”

C’è dunque da supporre, che se non potevano essere introdotte dall’esterno, la maggior parte del vetro presente nella piazza, concausa delle ferite di centinaia e centinaia di persone, sia dovuto proprio alla vendita ambulante. “Si, una concausa senz’altro, assieme alle cadute della gente e del calpestio, anche uno sull’altro, dovuto alla paura – ricordano i ragazzi. –  Una paura dovuta al fatto che non si riusciva a capire cosa effettivamente stesse accadendo; noi, pur vicinissimi al punto da dove è partito il tutto, non abbiamo sentito che voci e urla che parlavano di bombe e attentati. Non possiamo essere certi di come siano effettivamente andate le cose, ma, l’impressione che la stupidità e l’incoscienza, magari dettate dall’amarezza del risultato o dal grado alcolico di alcuni,  siano stati i motivi scatenanti di un gesto che appare del resto anche folle solamente nel pensarlo.”

Sicuramente, vista la situazione di indubbia pericolosità, pur nel rispetto di chi ha subito conseguenze peggiori, è possibile dire che le cose potevano andare in ben altra maniera. “Si, possiamo veramente dire che siamo stati fortunati – rifletto insieme Simone, Nicola e Alessio –  A maggior ragione il nostro pensiero va ai tanti feriti che hanno avuto conseguenze ben peggiori delle nostre, ad iniziare da chi, come quel piccolo tifoso, che è ricoverato in condizioni ancora abbastanza gravi all’ospedale di Torino. Sappiamo anche delle apprensioni date alle nostre famiglie, ma una situazione del genere era imprevedibile. A questo vorremmo anche aggiungere il fatto che se l’attentato a Londra avesse anticipato pur di poco e lo avessimo saputo, sarebbe stato probabilmente ancora peggio. Ora dobbiamo cercare pian pianino di renderci conto di ciò che è accaduto anche psicologicamente dentro di noi, perché, ad oggi, abbiamo ancora dentro di noi il rumore dei vetri, le urla della gente e un contatto vero con la paura collettiva, ben diversa da quella del singolo. Doveva essere una festa e festa non lo è stata, per nessun motivo, ma la speranza è perché tutto sia migliore.”

Per questo, li salutiamo e pubblichiamo una loro foto di sorrisi, che ci auguriamo possa contribuire ad allontanare queste sensazioni.

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