Amiatanews (Elena Lorenzini): Siena 13/02/2019
“Per arrivare all’alba, non c’è altra via che la notte” (Kahlil Gibran).
Di recente, ho acquistato un racconto per bambini che si intitola “Tristezza non mi fai paura “ di Eva Eland. Nel libro si affronta il momento improvviso e inaspettato in cui arriva la tristezza con immagini e parole semplici, portando alla mente, nell’adulto, le parole di una famosa canzone di Battisti: “quando cade la tristezza in fondo al cuore, come la neve non fa rumore”.
Nel racconto è narrata la storia di un bambino che sente arrivare la tristezza sotto forma di fantasma e cerca di mandarla fuori dalla sua casa. Inizialmente tenta di farla uscire ma, non riuscendoci, prova a scacciarla in malo modo; infine, vedendo che non riesce a mandarla via dal cuore e dalla testa, la affronta e scopre di poter fare insieme a lei cose piacevoli, come ascoltare la musica, scrivere, disegnare, camminare. Alla fine della storia il bimbo riesce a parlarle e le dice: “Ciao, come stai?”. Da questo confronto la tristezza diventa meno paurosa e addirittura si trasforma in una morbida coperta, con la quale il bambino va a dormire per poi svegliarsi nuovo e felice.
L’aspetto più educativo del libro è sicuramente il modo in cui il bambino affronta la tristezza, emozione che spesso cerchiamo di non sentire, di soffocare o di scacciare in malo modo, senza invece fare la cosa che sarebbe più utile anche se dolorosa: capire cosa “ci vuole comunicare” e riflettere sul motivo per il quale, ad un certo punto, è affiorata fra i nostri pensieri.
Ciò che viene spiegato nel libro è che molto spesso, grazie alla tristezza, possiamo scoprire delle parti di noi o capire cosa non va in noi; a questo proposito meritano di essere ricordate le parole di Gibran, che sosteneva che “Quanto più in fondo vi scava il dolore, tanta più gioia voi potrete contenere” (Gibran, 2014).
Il libro risulta molto educativo e adatto a bambini che abbiano almeno 3 anni di età, poiché spiega come la vita sia una continua interazione tra emozioni con le quali dobbiamo dialogare; infatti, contrariamente a quanto verrebbe istintivamente naturale fermandosi a scacciare la tristezza, la cosa migliore è in realtà quella di continuare a conviverci facendo con lei le cose che ci piacciono.
La società di oggi cerca di convincerci che la tristezza non dovrebbe esserci e quindi siamo spinti a non tollerarla e ad averne molta paura. In realtà il benessere e l’equilibrio psicofisico possono nascere solo dalla corretta interazione tra le emozioni positive e negative; tale relazione ci permette di soffermarci su ognuna di esse, dandoci anche l’occasione di stare in silenzio, di spegnere smartphone e computer senza timore, di ascoltare il suono delle nostre emozioni e di accogliere anche la tristezza, chiedendole “cosa vuoi da me?”. In questo modo impareremo a gestire i momenti difficili senza cadere nell’ansia e senza perdere il controllo, ma accettando e comprendendo che tutte le nostre emozioni hanno un ruolo e un senso nella mente e nel cuore. Ecco allora il senso delle lacrime, che hanno il fascino di poter essere figlie sia di Gioia che di Tristezza e che hanno la capacità di farci sentire sollevati, aiutandoci a non tenerci tutto dentro.
Quindi il consiglio che deriva da questo libro è quello di riuscire a stare nella tristezza e nell’ascolto di se stessi, riempiendo il tempo di cose che ci fanno piacere: questo al fine di crescere sereni, nella consapevolezza che, per stare bene, occorre stare anche un po’ male e non aver paura di quelle emozioni.
Dott.ssa Elena Lorenzini – Psicoterapeuta sistemico relazionale