Amiatanews (Marco Conti): Gallina – Castiglione d’Orcia 01/09/2020
L’incontro con una “artista della mia generazione”, un corso d’acqua tra le crete.
Studentessa di greco, pallavolista semiprofessionista, laureata in linguistica inglese, passione per lo yoga, modella, designer; oggi “Content creator” e assistente marketing.
Così si presenta Cristina Rotellini, 31 anni, “artista della mia generazione” come ama definirsi. Una donna giovane che, ogni giorno, passo dopo passo, è in cammino in un percorso di accurate scelte, fatto di passi mossi dalla volontà, dalla perseveranza, dalla formazione, da quell’atteggiamento che, nella sua Gallina, in Val d’Orcia, ha modellato il carattere e la natura della gente. Terra che Cristina se la sente addosso, al punto da parlarne a mezzo mondo, come fosse anch’ella argilla; terra dove grano, frumento, mais e gli altri cereali disegnano e colorano quest’angolo di mondo ormai divenuto famoso quanto l’aria che si respira. Almeno quella che respira la sincerità rurale di queste parti, dove la gente sembra navigare tra le onde di un mare d’argilla che si fermano nei calanchi che divengono scogli; gente che abita in cima a colli come fossero atolli, all’ombra di un vulcano, l’Amiata, che sembra emergere dal mare che alimenta con le sue acque.
Cristina Rotellini se l’è scelto proprio bello il posto dove crescere, vivere e tornare dalle sue esperienze professionali che la vedono sempre più apprezzata protagonista e che conoscete ancor meglio di me; ve le ho lasciate in custodia mentre la intervistavo, qualche giorno fra, seduto su una panca di legno e appoggiato a un tavolo di quelli che si utilizzano nelle feste popolari negli spazi della Pro loco di Gallina. Una tavola preparata dal babbo di lei con la semplicità educata e accogliente di chi la terra la lavora davvero e senza storie, in un caldo fine Agosto che, da queste parti, è diverso da quello amiatino dove vivo, pur a una manciata di chilometri più in là.
Un passo indietro però. Mentre raggiungevo Gallina, pensavo alla frase che avevo letto e riletto sul blog della Rotellini (www.cristinarotellini.com): “Se c’è una cosa che ho capito in me, è che erano molte le cose a regalarmi soddisfazione e felicità. Inizialmente, questo mi faceva sentire persa, quasi sbagliata…”
Parole che mi avevano colpito, rafforzando l’idea di un incontro da scoprire e da raccontare con attenzione e cura.
«Mi sentivo sbagliata all’inizio e forse ancora ho questa sensazione. Viviamo una società dove, vuoi o non vuoi, si cerca un’etichetta, una sorta di stabilità, un’inquadramento nella vita. Del resto, una delle prime domande che ti fanno è “Come ti chiami?”, o “Chi sei” o “Cosa fai nella vita?” o piuttosto “Che lavoro fai?”, come se tutto questo ti dovesse in qualche modo identificare. Quando fai tante cose e ti piace quel che fai, non senti di sceglierne una a scapito di un’altra. Io ho la sensazione di essere un prisma, sono alla continua esplorazione di quel che è la personalità, cercando di comprendere. Diciamo anche che in situazioni cosiddette “di paese”, accade dire a chi si conosce che “Vuol fare tante cose ma, in realtà, non ne sa fare nessuna”, “È grande ormai ma è ancora indecisa”, “Non ha ancora chiaro cosa vuole dalla vita”… Invece no, sono convinta di averlo chiaro quel che desidero dalla vita, ovvero riuscire a portare aventi tutto quel che faccio e creare un percorso poliedrico. Tutto questo, in particolar modo al principio, mi ha fatto sentire “sbagliata”, perché non sempre viene compreso questo bisogno interiore che ho di ricerca. Ogni giorno costruisco me stessa, un passo alla volta, in un percorso dove cammino con volontà, dedizione e formazione con la curiosità e la voglia di scoprirmi.»
Parlando e ripensando anche alla natura e ai paesaggi che viviamo tra l’Amiata e la Val d’Orcia, immagino Cristina come fosse un corso d’acqua, un fiume che crescerà nel tempo della vita, dove le esperienze personali e professionali, sono affluenti che vanno a nutrire rafforzare un’acqua che è vita.
«L’acqua è un elemento naturale e vitale; è fluida, non si ferma dinanzi agli ostacoli che incontra lungo il suo percorso naturale. Si plasma, si adatta e supera pietre, sassi o altro; si infiltra negli spazi più piccoli e trova nuovi percorsi. Se alimentata, l’acqua ha sempre un punto di arrivo, sfocia sempre da qualche parte rinnovandosi. Così come per gli interessi e le esperienze che vivo: tutto mi arricchisce, mi forma, mi plasma, mi aiuta nel percorso che è la vita per andare a sfociare in quel che vorrei diventare: un’artista della mia generazione dove l’arte è vivere senza scegliere etichette, riuscendo a far convivere quel che piace essere e quel che piace fare. D’altronde, questo, è anche dimostrato dal fatto di come anche giornalisti o professionisti della comunicazione siano protagonisti sulle piattaforme digitali, lancino collezioni di moda piuttosto che prodotti in settori apparentemente molto diversi dalla loro professione, aggiungendo esperienze al proprio percorso professionale, proprio come portare nuova acqua ad alimentare la propria vita. Se senti curiosità, una sorta di scintilla interiore, una stella che ti illumina quasi a guidarti, seguila e non farti troppe domande. Ad esempio, la mia laurea in Inglese, solo apparentemente non c’entra nulla con il mio lavoro di modella; in realtà, gli stilisti sono stranieri, il settore parla inglese; gli studi mi permettono di comunicare, mi agevolano a dialogare e comprendere gli altri, mi aiutano a svolgere il lavoro. La moda è sicuramente importante per me, mi ha aiutato e mi aiuta a superare il mio essere un po’ introversa e insicura. Diviene dunque un concetto molto più ampio di quel che si possa immaginare fino a divenire aiuto per la propria personalità. Così come recentemente tecniche yoga mi aiutano a gestire la voce e l’intonazione. Siamo un percorso di vita, a cui dare nutrizione anche per poterci migliorare ed essere felici.»
Più che un corso d’acqua, sembra di avere accanto un fiume già in piena che scorre senza apparente difficoltà. Più che seduto come su una panca di legno, mi sembra di essere su un argine.
Certo, “da noi”, anche i più piccoli torrenti son capaci di far danno, inondare o buttar giù ponti, ma il ciglio dove son seduto sembra davvero dar sicurezza. Che poi, da questo ciglio ascolto parole e sensazioni, in questo luogo dove tutto sembra scorrere e plasmarsi, farsi trasportare dalle onde dorate di questa terra mietuta qualche settimana che si perde attorno interrotta dall’Amiata e dai monti più in là.
Quasi a esser felici, ma di questo ne parleremo più avanti.
Ora, invece, spinto anche dalla curiosità, chiedo alla professionista Cristina Rotellini quali delle sue esperienze lavorative rifarebbe ancora, continuare a farle o quali in futuro.
«Una sorpresa bellissima per me è stata quella degli spot pubblicitari; ho fiducia e speranza di ripetere questa esperienza perché è un ruolo del mondo artistico, pubblicitario e della moda a cui inizialmente non avevo dato molto credito e che invece mi piace molto. Tutto è concentrato in pochi secondi; devi raccontare una storia, un’emozione, convincere chi ti guarda ad acquistare un prodotto, creare una necessità, cambiare in qualche maniera la prospettiva delle abitudini. Mi piace, mi affascina e percepisco l’energia che si diffonde in quel microcosmo che il è il set. Dopo l’esperienza in alcuni cortometraggi, mi piacerebbe anche fare dei film. Prima di tutto questo, però, mi voglio formare perché non mi sento pronta e forte anche perché ci troviamo di fronte a un altro mondo artistico, quello della recitazione. Parallelamente mi piacerebbe continuare l’esperienza nella moda. Sta cambiando sempre più l’idea che si possa fare la modella solo da giovanissima, con taglia 40 piuttosto che con una pelle quasi da adolescente. Si sta abbandonando questo concetto di finta perfezione, in particolar modo all’estero, andando verso modelle che hanno iniziato all’età di 50 anni e che magari lo fanno anche ad 80. Come modella, ho iniziato anch’io con molte critiche come l’essere alta ma non abbastanza, l’avere lineamenti mediterranei rispetto a quelli più dolci preferiti in quegli anni. Ho perseverato, affrontato anni difficili. Ora, paradossalmente, visti i miei 31 anni, età dove non ti chiama quasi più nessuno, sto avendo nella moda una sorta di seconda stagione ricevendo importanti soddisfazioni. Fino a quando potrò, indipendentemente dall’età, se mi dovessero chiamare per sfilate o servizi fotografici, risponderò di “si”. Dico questo anche per incoraggiare tante donne che magari hanno sognato di farlo a 15 anni ma non sono riuscite: voglio dire che non è mai troppo tardi per realizzare i propri desideri e le proprie ambizioni.»
Un viaggio nell’età attraverso il proprio lavoro, attraverso l’impegno, la volontà, l’ambizione, il desiderio e la perseveranza. Prima di crescere e maturare come persone si è giovani, momento in cui il lavoro nella moda può essere quello per realizzare un sogno. Per i desideri, se c’è volontà, arriva prima o poi il momento…
«I giovani che vogliono intraprendere questo tipo di attività, devono tener sempre presente che si tratta di un lavoro; dietro a una foto, così come a una campagna pubblicitaria, c’è un’azienda che investe capitali, il lavoro di un anno, materie prime, l’impegno dei propri dipendenti e collaboratori. Nel momento in cui esce l’immagine di una collezione, tu racchiudi tutto questo; essa rappresenta l’azienda e quella particolare linea. E’ necessario avere serietà lavorativa, puntualità, senza “capricci da diva”. A chi è più grande e ha dunque un approccio al lavoro e alla vita diverso rispetto ai più giovani, direi innanzi tutto di non fermarsi al primo “no”. Tante le persone che hanno iniziato questo lavoro più tardi, con canoni di bellezza diversi e che si sono viste rifiutate da agenzie e fotografi, per poi incontrare chi in loro ha creduto. Finché c’è volontà in noi, credo, impegno e perseveranza, perché negarsi un sogno? Questo vale per tutto, ma non è sempre così scontato. Spesso il rifiuto colpisce il nostro intimo, ma questo non deve in alcun modo fermarci nel cercare di essere felici anche attraverso il lavoro desiderato. Ed è così nell’amore e nei rapporti personali. Succede qualcosa che non va e abbandoniamo le persone o quel che amiamo fare, spesso diamo più importanza a quello che ci dice la società. Se c’è qualcosa dentro di noi, evidentemente ha ragione di esistere, altrimenti non avresti desiderio e voglia di fare qualcosa. Bisogna esplorare, conoscere di cosa si tratta, andare avanti, perseverare.»
Sembra davvero che quest’acqua scorra con convinzione, come via da seguire tra la natura valdorciana. Allungo di pochi metri lo sguardo; le persiane della casa di Cristina sono chiuse per evitare al caldo di entrare, l’abitazione appare in realtà fresca, semplice, viva, ordinata anche in un giardino dove l’erba è un prato verde tra i campi e le dune di creta di Gallina.
«Una casa si costruisce sulle fondamenta e qui, a Gallina, in Val d’Orcia, ci sono le mie. Qui sento di avere forti quelle dell’appartenenza e non solo per esservi nata ma per la vita che si respira. “Qui non c’è nulla…”, “Ma dove vivi…”, “Non c’è da far nulla qui”… me lo sono sentito dire spesso durante l’adolescenza. Invece credo che qui ci sia tutto; ci sono le persone, ci sono io, ci sono gli alberi, c’è quello che mi piace, ci sono i fiori, i colori, l’argilla, l’acqua che scorre, i sassi sempre diversi in terra. Posso camminare scalza, respirare la libertà, aprire la finestra e non avere davanti ostacoli di cemento ma l’infinito dell’orizzonte. Qui c’è tutto per me. Anche se da adolescenti e da giovani si soffre un po’ questa cosa per il naturale bisogno del gruppo, ho sempre difeso questi luoghi. Qui ho imparato a farmi bastare le cose, amare la semplicità, non avere sempre la necessità di una distrazione come può essere un locale, un bar, andare per negozi o stare nella confusione. Tutto questo mi serve nella vita. Sono stata nelle grandi città, in centro a Firenze; ma a Gallina, dove ci troviamo serenamente in questo momento, un nome così buffo e bello che orgogliosamente nomino a chi mi chiede da dove provenga, basti a te stessa. Qui ho già tutto quello che mi occorre pur non essendoci niente»
Qui c’è la famiglia. Quale il suo ruolo nelle scelte
«La famiglia mi aiutato tantissimo anche nelle divergenze di opinione. Non che mi abbiano vietato di fare cose, questo non è accaduto, ma il mondo che volevo esplorare era diverso da quello pensato. La famiglia ti aiuta perché rafforza la tua motivazione, capisci quanto lo vuoi. All’inizio, nei momenti in cui si incontrano le perplessità delle persone che ami di più e nonostante tutto sei disposta a soffrire pur di farti accettare e di far capire quello che vuoi fare, che non ti farai del male, che è una cosa comunque di valore e valevole, la famiglia in realtà ti aiuta moltissimo; diviene il tuo trampolino di lancio, il sostegno e forza per la crescita anche in questo senso. Il rapporto con la mia famiglia è sempre stato bello nonostante questa diversità. C’è partecipazione. Per tutti è motivo di miglioramento.»
Un colloquio divenuto ormai confidenziale, che aiuta entrambi a riflettere su momenti e atteggiamenti che molti di noi conoscono, frequente nei piccoli centri che diviene anche limite per molti: il pregiudizio. Talvolta una vera e propria “forca caudina”, un incontro sleale col pensiero, un ostacolo dove battere fino a farsi male, senza pensare di passargli attorno.
«Il pregiudizio è ovunque, in molti ambienti che frequentiamo non necessariamente lavorativi, il pregiudizio è nell’essere umano e in particolare rivolto verso le donne. Già quando fai un lavoro legato all’estetica, rischi di passare da stupida, così come quando ti senti dire che a trentuno anni ancora vuoi fare certe cose e non hai messo su una famiglia, pensandk a cosa possa avere nella testa… Il pregiudizio vive con noi, non si può pretendere di vivere senza perché è molto più facile giudicare che capire. Se ci capissimo tutti e cercassimo di comprenderci non vi sarebbero gli scontri che ci sono oggi che spesso divengono invidia, quasi odio. Il pregiudizio è facile, è la strada più breve per chi giudica ma, se impari a conviverci, a farci una risata sopra, a prenderlo con ironia, a prendere in giro per prima te stessa, togli l’arma al “nemico” perché di solito il giudizio viene usato per ferire, per metterti in dubbio. Nel momento in cui ti prendi in giro, capisci che dall’altra parte ci potrebbe essere un ripensamento e forse anche uno spunto di riflessione su quel che ti è stato detto o pensato.»
Torno a parlare del lavoro, sentirmi ripetere più volte la parola “formazione” mi ha fatto venire dei pensieri; magari mi tolgo anch’io qualche pregiudizio, qualche idea che ogni tanto ho (non lo nego) sulle persone che incontro e che poi, detto tra noi, spesso son quelle da cui impari più cose.
«La formazione è per me una priorità; oltre a quella indispensabile e specifica per il lavoro, appena ho un momento libero leggo, vado a vedere una mostra, studio una materia nuova. Per il mio lavoro di modella, ho fatto un anno di stilismo, quattro di sartoria, tutto per capire bene, conoscere e maneggiare i tessuti, la costruzione dell’abito. Inoltre, oggi, abbiamo Internet, valide applicazioni che danno opportunità formative e di conoscenza. La tecnologia ci permette di informarci, studiare e apprendere ovunque ci troviamo; è una grande risorsa e opportunità rispetto a qualche anno fa quando dovevamo ci si doveva spistare in città anche lontane per frequentare corsi universitari. La formazione è uno stato mentale e fisico. Non dobbiamo essere statici, fossilizzarsi su una o poche cose; per quanto ci si possa innamorare di una materia, non ci deve sembrare così sbagliato studiare recitazione anche se siamo degli ingegneri che vanno a spiegare il funzionamento di un macchinario; magari, proprio grazie alla recitazione potremmo arrivare meglio al cuore delle persone, far rimanere più impresso quello che hai esposto. far sorridere durante una lunga convention. Ricordiamo la nozione ma anche chi la spiega e come li fa perché ci aiuta a comprendere e a ricordare. Quante volte abbiamo ricordato la bravura di un professore non solo perché conoscesse la sua materia, ma perché ci appassionava, ci emozionava, ci faceva ridere su qualcosa su cui di solito non ridevamo. La formazione è vedersi come un progetto di vita; diamoci un’opportunità di vedere chi siamo oltre la formazione scolastica, diamoci un’opportunità. La formazione e lo studio sono l’insieme della conoscenza, sono l’approccio e il futuro della vita.»
Mentre venivo all’ appuntamento, pensavo come nei nostri territori, si riesca a farci sfuggire delle persone che in realtà ci possono dare molto. Ad Abbadia S. Salvatore, nel piano di studi dell’Avogadro, c’è un indirizzo formativo che riguarda proprio la moda; in particolare a Piancastagnaio, da oltre 50anni si producono borse d’alta moda. A mio sapere, non ci sono state molte occasioni informative o formative per le scuole e le imprese, studenti e imprenditori, per parlare e far comprendere quel che esiste prima, durante e dopo la realizzazione di un capo di abbigliamento o di un accessorio importante come una borsa, sotto l’aspetto progettuale, del marketing e della comunicazione.
Oltre Cristina Rotellini, ci sono professioniste che operano anche in altri settori come il cinema, lo spettacolo, la televisione, la stampa, l’editoria, la tecnologia, la medicina, l’imprenditoria in genere, che potrebbero dare un contributo allo studio e al lavoro delle nostre zone. Sembra quasi di non considerare il legame tra loro e il territorio, l’opportunità, lo stimolo per i giovani favorendo nuove opportunità formative e imprenditoriali.
«Mi piacerebbe molto avere un ruolo più attivo. Dal mio punto di vista si ritorna al fatto che il mio non venga pensato come un lavoro vero e proprio; c’è un atteggiamento quasi di rifiuto, come snobbare volutamente chi, con sacrificio, è andato altrove anche raggiungendo risultati. Come si dice, nessuno è profeta in patria; spero ci possa essere più collaborazione, più curiosità un’opportunità per interagire, dare degli spunti di riflessione, portare anche la mia esperienza pratica a un ragazzo o una ragazza che iniziano un corso di studio. E’ un mondo che ha tante sfaccettature, non solo per il fatto di esser definito pericoloso, ma proprio per il lavoro nella sua quotidianità e praticità che sarebbe bello poter raccontare. Il mio augurio a coloro che volessero intraprendere questo lavoro, è quello di realizzare tutti i propri desideri e i propri sogni. Bisogna crederci fino in fondo».
Un’acqua che non si ferma e sempre più cerca di dissetare anche la mia curiosità. Quasi un’ora è trascorsa, come fossimo ancora all’inizio. Come riavvolgendo il nastro di questo incontro rileggo le parole tratte dal blog di Cristina “Se c’è una cosa che ho capito in me è che erano molte le cose a regalarmi soddisfazione e felicità. Inizialmente, questo mi faceva sentire persa, quasi sbagliata” e una famosa frase di John Lennon “A scuola mi domandarono cosa volessi fare da grande. Io scrissi ‘felice’. Mi dissero che non avevo capito il compito ed io risposi che loro non avevano capito nulla”.
«Ho scoperto una piccola grande cosa, anche durante questo periodo così difficile a causa della pandemia, dove tutto il mondo si è in buona parte fermato. Una sensazione che già avevo iniziato a intuire lo scorso anno. Dal mio punto di vista, quel che noi sbagliamo è il pensare che la felicità sia un punto di arrivo della nostra vita, anche in base al raggiungimento dei nostri obiettivi. Credo invece sia il contrario: è proprio per raggiungere i tuoi obiettivi e sentirti realizzata, nonostante tutto, nonostante non si arrivi a raggiungerli tutti, che devi essere felice prima. La felicità è per me un punto di partenza e non di arrivo; la felicità è il motivo che ti fa impegnare nelle cose che fai, che ti piacciono, trasmettendo qualcosa di buono e di positivo a chi ti è intorno e a chi incontri. Nel momento in cui si mette tutto alla fine, a quel che riteniamo il traguardo della vita e che guardiamo da lontano, rischiamo di sprecare e di non vivere quel che è il viaggio della nostra esistenza. Dobbiamo essere felici di quello che abbiamo perché è molto. Dobbiamo conoscerci, avere una profonda consapevolezza verso noi stessi per non rischiare di arrivare alla fine del nostro percorso di vita senza sapere chi veramente siamo e se quel che volevamo era proprio quello desiderato. Dobbiamo essere felici già oggi»
La felicità in cammino dunque. Ci proverò, magari ci riesco.
Grazie di tutto (anche per la foto).