Il Tar della Toscana accoglie il ricorso di un candidato e condanna la unione dei comuni Amiata Val d’Orcia al pagamento delle spese di giudizio. Ha avuto esito positivo il ricorso che un giovane amiatino ha presentato al Tar per la Toscana contro la Unione dei Comuni Amiata Val d’Orcia, e nello specifico, contro la determinazione dirigenziale con la quale veniva approvata la graduatoria finale della selezione pubblica, per titoli e esami, per la formazione di una graduatoria per eventuali assunzioni a tempo determinato (anche per esigenze stagionali) di “operatori di polizia municipale”, valida per 36 mesi. Il tribunale amministrativo regionale ha infatti accolto il ricorso che l’avvocato Gabriele Babbucci, del Foro di Siena, ha presentato in difesa del proprio assistito contro l’ente che ha sede a Piancastagnaio, ha annullato gli atti impugnati e ha condannato l’amministrazione al pagamento delle spese di giudizio, ammontanti a 2000 euro, oltre accessori di legge. La decisione di ricorrere al Tar è stata dettata dal fatto che durante lo svolgimento della prova sia scritta, sia orale sono state evidenziate alcune violazioni, che il Tar medesimo ha riconosciuto come tali. Durante lo svolgimento della prova scritta (test a risposta multipla sulle materie indicate dal bando) “veniva ricordato spesso ai candidati l’obbligo di apposizione del proprio nominativo in calce a ogni singola pagina dell’elaborato all’interno degli appositi spazi specificatamente contrassegnati”. E alle richieste di spiegazioni avanzate da alcuni candidati circa la procedura i commissari replicavano che “la prassi era quella” e che pertanto era quello l’obbligo per i concorrenti. Quanto alla prova orale, i 21 candidati ammessi (su 60 circa), 20 dei quali sarebbero entrati a far parte della ambita “graduatoria”, erano stati accolti in una piccola stanza attigua alla sede in cui si svolgevano i colloqui, sotto stretta sorveglianza di un membro della polizia municipale e sotto tassativo divieto di avvicinarsi alla porta della sala dove si svolgevano gli esami, che rimaneva chiusa, senza alcuna possibilità di assistere alle prove altrui. La parte ricorrente ha quindi denunciato la violazione di diritti e principi normativi, sotto molteplici profili, riassumibili nella inosservanza della regola dell’anonimato delle prove scritte, nonché di pubblicità nello svolgimento delle prove orali. “Per pacifica giurisprudenza il principio dell’anonimato delle prove scritte nelle procedure di concorso, dettato dagli articoli 13 e 14 dPR 9 maggio 1994, n. 487”, si legge nella sentenza del tribunale amministrativo, “si impone a garanzia del principio di uguaglianza dei concorrenti, oltreché di quelli di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, che è chiamata a compiere le proprie valutazioni senza rischio di condizionamento esterno e, quindi, a garanzia della par condicio dei concorrenti”. “Tale criterio”, scrive lo stesso avvocato Babbucci, citando l’orientamento della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, “costituendo l’applicazione di precetti costituzionali, assume una valenza generale e incondizionata, mirando esso in sostanza ad assicurare la piena trasparenza di ogni pubblica procedura selettiva e costituendone uno dei cardini portanti”. Altro criterio contestato nell’assegnazione dei punteggi, infine, la maggiore incidenza del servizio prestato rispetto ai titoli di studio o altro.]]>