Abbadia S. Salvatore. Andrea Granchi, un viaggio laico verso il sacro

Amiatanews (Marco Conti): Abbadia S. Salvatore 29/05/2019
Dal 25 Maggio al Museo d’Arte Sacra “Don Roberto Corvini” Abbazia San Salvatore

Il 25 maggio 2019 si è inaugurata la prima esposizione “Il Sacro nell’Arte Contemporanea” presso il Museo d’Arte Sacra “Don Roberto Corvini” dell’Abbazia San Salvatore al Monte Amiata, definitivamente riaperto nel 2017 dopo una lunga, efficace e articolata ristrutturazione. Uno degli scopi di questo ciclo è il tentativo di riannodare il rapporto, ai massimi livelli, tra i luoghi sacri e l’eccellenza del contemporaneo nel difficile e problematico contesto dell’arte sacra.
La prima mostra è dedicata ad Andrea Granchi, artista e docente fiorentino noto per una lunga e qualificata carriera artistica e accademica, il quale ha progettato uno specifico itinerario espositivo con le proprie opere creando momenti di efficace dialogo con i tesori conservati nel Museo.
L’attività di Andrea Granchi si è sempre caratterizzata nella ricerca di un confronto tra antico e moderno e ha avuto modo di realizzare, negli anni, anche significativi interventi nel campo dell’arte sacra. Alcuni di questi lavori, tra cui il modello per la vetrata absidale della Basilica di Santa Croce a Firenze ed una delle vetrate originali per la Chiesa della Maddalena di Saturnia, sono qui esposti.
Per l’occasione Andrea Granchi, sull’onda di suggestioni percepite nell’incontro con le opere presenti nelle varie sale, ha inoltre realizzato ex-novo alcuni dipinti che saranno qui mostrati per la prima volta, tra cui si evidenziano l’affresco con il “San Sebastiano Novecentesco” e la tempera a uovo su tavola “Tempus Fugit. Giovane che cerca di fermare il tempo”. Non mancano opere di grandi dimensioni già esposte in varie mostre nazionali, come il “Pianto della Maddalena” accolta dalla Quadriennale di Roma del 1986 e il “San Michele Arcangelo. Vincitore della notte” del 1983 esposto nell’86 alla Galleria d’Arte Moderna di Paternò (CT).
Scrive in proposito l’architetto e storico Don Carlo Prezzolini: “….Il pianto della Maddalena è particolarmente ricco di simboli: la figura piangente della discepola del Cristo è al centro di una strettissima valle di rocce, formate da teste colossali e da pietre acuminate, che secondo l’Autore simboleggiano i dolori, le tentazioni, gli incubi, i peccati e le allucinazioni: cioè le problematiche che da sempre appesantiscono l’esistenza umana e possono distruggerla, renderla insignificante. Ma la speranza di andare oltre i nostri limiti e le nostre povertà è raffigurata proprio dal pianto della Maddalena, che si fonde con i suoi lunghi capelli e crea fiumi di acqua feconda e salvatrice. Il pianto di Maria di Magdala per la morte del suo amato Maestro diventa fecondo per la risurrezione del Cristo. Mi viene in mente la stupenda Maddalena penitente di Donatello…”
Sui due grandi lavori si sofferma anche la storica dell’arte Cristina Acidini che, nel suo approfondito testo in catalogo, scrive: “…..A questa medesima linea appartengono le due grandi tele con San Michele Arcangelo (1983) e Il pianto della Maddalena (1986). In entrambe la posizione centrale è assegnata al santo protagonista, ma con effetti diametralmente opposti. Tanto la Maddalena è statica, quanto San Michele è dinamico. La peccatrice s’immedesima e quasi si mimetizza, nella sua redenta nudità, con un paesaggio dai medesimi toni ambrati e riarsi: un paesaggio che si anima di facce inquiete e inquietanti, anche sfiorate da bagliori rossastri, cui il segno mobile, insistente e nervoso del pittore conferisce una contenuta vibrazione vitale. Il pianto di Maddalena si espande a dimensione territoriale fino a diventare una cascata dall’inesorabile e placido andamento a balzi verticali: e come un balsamo, sembra lenire i tormenti di un passato che riaffiora attraverso volti non dimenticati. Quanto a San Michele, il suo fulgore d’energia fiammeggiante si fa spazio, con la violenza d’un’esplosione, al centro di torbidi vortici di tenebra ospitanti oscuri spiriti. E qua un profilo, là un viso, qua un cavallo, là una figura intera gradualmente si lasciano distinguere in quel subbuglio di materia palpitante in gorghi primordiali, che sembra serbare memoria dei visionari studi di Leonardo da Vinci sui “diluvi”: apocalittici scrosci d’acqua e sommovimenti di terra, resi da grovigli di segni arruffati e febbrili…“
Il complesso itinerario espositivo, ideato da Andrea Granchi appositamente per questa mostra, oltre alle opere di grandi dimensioni precedentemente descritte, presenta vari libri d’artista di “forma variabile” – appassionato omaggio alla Bibbia Amiatina, una delle presenze più significative all’interno del museo – alcune piccole sculture ed un’accurata selezione di studi e bozzetti per soggetti di carattere sacro. Non mancano infine opere legate al “viaggio terreno dell’uomo” e ad una tematica cara all’autore: quella dello scorrere inesorabile del tempo.
Sottolinea ancora assai acutamente Cristina Acidini: “…A questo appuntamento nell’Abbazia di San Salvatore, che è un caposaldo religioso e storico nello splendido scenario amiatino, dunque Granchi si presenta col bagaglio della propria arte, forgiata e messa alla prova nei decenni, progettata e praticata con onestà di pensiero e rigore di forma. A partire dagli anni Sessanta del Novecento, l’artista ha mantenuto e mantiene la sua posizione culturale e personale profondamente nutrita di Umanesimo cristiano, un retaggio toscano e fiorentino per eccellenza, e la manifesta ponendo l’uomo al centro, attraverso l‘icona umana stabilizzata nella pittura, nella scultura e nella grafica.
Granchi riconosce all’uomo – anzi, alla mera sagoma umana – la piena centralità in una dimensione senza tempo che è, per definizione, quella della contemporaneità, carica però del non misurabile trascorso delle ere geologiche, autrici della sigla apocalittica impressa nel paesaggio vivente. Ed è in questo paesaggio simbolico che Granchi assegna all’uomo anche uno spazio, nel quale egli domina ed è dominato. Uno spazio a volte bidimensionale e virtuale, come i piatti meandri su una pagina cartacea; a volte invece, grazie alle illusioni della prospettiva, uno scenario dilatato in cui una trama di sentieri, che serpeggiano o s’incrociano, conduce a orizzonti così lontani da non potersi raggiungere.
L’artista si ispira a se stesso, certo, ma sublimando l’identità personale in una icona trasversale all’intera società del Novecento, e attribuendo ad essa un ruolo significativo e di responsabilità. Anche questa volta infatti, il viaggiatore col cappello è un ambasciatore. Egli rappresenta l’intera umanità pellegrina, con i suoi slanci e i suoi limiti, in cammino verso i misteri della trascendenza….”
L’esposizione è accompagnata dalla pubblicazione di un ampio catalogo con testimonianze e note critiche di Cristina Acidini Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, la più antica accademia del mondo occidentale, Don Carlo Prezzolini architetto ed esperto di storia locale, Paolo Tiezzi Maestri Presidente dell’Istituto per la Valorizzazione delle Abbazie Storiche della Toscana, un testo dello stesso Andrea Granchi e dello scrivente.
L’esposizione è stata inaugurata il 25 maggio alle ore 18 e rimarrà aperta per tutto il periodo estivo fino al 15 settembre, prevedendo al suo interno eventi collaterali, concerti e conferenze.
L’iniziativa gode del patrocinio del comune di Abbadia San Salvatore, dell’Istituto Valorizzazione delle Abbazie Storiche della Toscana e dell’Accademia delle Arti del Disegno.

Fonti: Comunicato stampa Ing. Paolo Castrini Direttore Museo d’Arte Sacra Abbazia San Salvatore

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