Abbadia San Salvatore. Con i grani antichi, il sole e la terra ci nutrono.

Dopo il recente convegno ad Abbadia S. Salvatore sulla coltivazione ed i valori degli antichi grani, l’approfondimento di Amiatanews. La riscoperta di un antico rapporto tra il Sole e la nostra Madre Terra Il pane che mangiamo oggi, di sicuro, non è il pane che mangiavano i nostri nonni, quello a base di farina dei cosiddetti grani antichi.


Dopo aver assistito, lo scorso 9 Aprile, al seminario di Abbadia San Salvatore con tema “Sistemi di coltivazione, utilizzo e segreti sui Grani Antichi”, Amiatanews propone un approfondimento sulla ricerca, la storia ed i metodi di coltivazione di questo cereale, fondamentale per la nostra alimentazione e non solo. Nell’Avesta, il testo persiano che riporta l’insegnamento di Zarathustra c’è un bellissimo passaggio dedicato alla coltivazione del grano che recita così: Come si nutre la religione di Mazda? Ahura Mazda rispose: Seminando il grano con passione, chi semina il grano, semina il bene. Quando fu creato il grano, i Daeva (cioè, i demoni) trasalirono; quando crebbe, i Daeva si persero d’animo. Quando venne la spiga, i Daeva fuggirono. Nelle religioni e nelle culture antiche il frumento era considerato un dono del Dio padre alla terra madre. La produzione rappresentava la testimonianza che il cielo non era estraneo alla vita terrestre perchè in ogni chicco di grano si avvertiva che era raccolta, e resa disponibile per l’alimentazione umana, una scintilla di sole. L’uomo coltiva cereali da secoli. Fra i primi cereali a essere coltivati è stato l’orzo, noto in Europa e nel Mediterraneo orientale da oltre 10.000 anni, sostituito poi dall’antenato dell’attuale frumento, il farro, e più tardi dal frumento stesso. Il frumento è una pianta che ha una speciale relazione con il sole, ce lo dimostra il suo portamento verso l’alto sia della pianta che delle parti di essa ed i colori giallo oro che assume al tempo della maturazione estiva e il giallo-bruciato del suo polline. Abbadia_San_Salvatore_Convegno_Grani_Antichi_20160409_03 Tramite il processo di fotosintesi il frumento trasforma questi elementi solari in amido, il composto che è alla base della nostra alimentazione. L’amido è il principale costituente della farina che si ricava dal chicco. Nel chicco è presente anche una certa quantità di proteine (12% circa), prevalentemente sotto forma di glutine. Nei grani antichi, il contenuto in glutine era mediamente intorno al 10%; oggi ci sono varietà che arrivano perfino al 18%. L’amido è dotato d’elevata digeribilità: brucia nel nostro corpo senza lasciare alcuna scoria. Delle due sostanze che si originano dalla loro combustione, l’anidride carbonica e l’acqua, la prima è emessa nell’aria con la respirazione, mentre la seconda diventa prezioso liquido per le attività vitali del nostro organismo. Dalla digestione dell’ amido viene prodotto il glucosio, elemento essenziale per la funzionalità del cervello. Ritorniamo quindi alla primordiale connesione con il sole: il riferimento alla luce, come illuminazione o riflessione, per indicare l’attività del pensiero. “I pensieri sono impalpabili come la luce” – ha sostenuto Steiner in una conferenza sull’essenza dei colori – e “ pensare è vivere nella luce”.

Varietà dei cereali e frumento

Queste piante si adattano facilmente ai più diversi climi e terreni e questo ha consentito la grande diffusione della coltura dei cereali, che ovunque forniscono una fondamentale fonte di cibo anche per la facile conservazione. Essi hanno tutti un’elevata percentuale di amido, oltre a contenere anche altri carboidrati, e rappresentano la base della piramide alimentare, modello di riferimento per una sana alimentazione. Dalla lavorazione della farina ricavata dalla macinazione si ottengono pane, prodotti da forno vari e la pasta. Questi i principali cereali:
  1. Avena
  2. Farro
  3. Frumento
  4. Grano saraceno
  5. Mais
  6. Miglio
  7. Orzo
  8. Riso
  9. Segale
  10. Sorgo

Classificazione dei frumenti moderni

I frumenti (duro e tenero) sono specie evolute da ancestrali comuni del genere Triticum. Il frumento duro (T. durum) e le altre specie tetraploidi (T. turgidum, T. polonicum, T. dicoccum o farro medio) derivano dall’incrocio di due specie, il farro piccolo (T. monococcum) e una specie selvatica (T. speltoides ?). Il frumento tenero (T. aestivum) e lo spelta (T. spelta o farro grande), esaploidi, derivano dall’incrocio tra un frumento duro (T. turgidum) e un’altra specie selvaggia (T. tauschii).
Vediamo nel dettaglio il frumento o grano: risultato di una serie di modificazioni genetiche della pianta originaria proveniente dal Medio Oriente, è oggi, insieme al riso, il più importante cereale coltivato, di cui negli ultimi decenni la ricerca ha permesso di selezionare e “creare”, vedremo poi, varietà sempre più produttive. Il grano dal punto di vista botanico non è un seme, ma un frutto secco che i botanici chiamano cariosside, si presenta formato da vari strati. Esternamente è ricoperto da uno strato protettivo, pericarpo fibroso (8% circa),si tratta di un involucro esterno, costituito da più strati: Aleurone ( tritello, farinaccio), Tegumenti seminali (crusca fine, cruschello, tritello), Tegumenti del frutto ( crusca grossolana). La maggiorparte della cariosside è occupata dall’ Endosperma (87-89% circa), un tessuto di riserva ricchissimo di granuli di amido e proteine. Proprio da questa porzione si ricavano le farine per uso alimentare. All’interno dell’endosperma, protetto da un sottile strato di Scutello (tritello), troviamo il Germe.
Regione anatomica cariosside Cariosside % Amido e altri carboidrati (%) Proteine (%) Lipidi (%) Cellulosa Emicellulosa Pentosani (%) Sostanze minerali(%)
Tegumenti 9% 14% 12,8% 2,4% 65,2% 5,6%
Strato leuronico 8% 12% 32% 8,0% 38,0% 10%
Germe 3% 20% 38% 15,0% 22,0% 5%
Endosperma 80% 83% 11% 30,0% 2,0% 1%
Il Germe di grano è un vero e proprio concentrato di sostanze nutritive come , aminoacidi, sali minerali,vitamine del gruppo B e vit. E. Purtroppo tale embrione viene eliminato insieme agli involucri esterni durante il processo di raffinazione industriale. [caption id="attachment_18971" align="aligncenter" width="500"]Diapositiva ripresa dallo studio del Prof. Bendettelli Diapositiva ripresa dallo studio del Prof. Bendettelli[/caption]

Le varietà antiche del grano

Esistono diverse specie di grani antichi, molti dei quali si sono formati spontaneamente in zone diverse per clima, altitudine e tipologia di terreno. Si chiamano Timilìa, Maiorca, Russello, Strazzavisazz e Monococco e sono varietà di grano altamente digeribili, a basso contenuto di glutine e coltivati rigorosamente secondo i principi dell’agricoltura biologica. Tra quelli coltivati in Italia, oltre ai già citati, troviamo il Senatore Cappelli e il Khorasan, noto anche con il nome commerciale di Kamut. Le aziende produttrici non sono molte, sebbene siano attivi vari programmi di sperimentazione culturale e di recupero di alcune varietà antiche del frumento, come nella Valle di Pruno, Cilento, dove si coltiva il Saragolla, grano duro originario dell’area mediterranea , il Solina, grano tenero originario dell’area appenninica centrale, il Gentil rosso, grano tenero originario dell’area appenninica centro-settentrionale e il Risciola, grano tenero del sud Italia. In Toscana, c’è una grande produzione di grani antichi autoctoni come Verna , Gentil rossoInalettabile e il Sieve e ancora, in alcune aziende ad agricoltura biologica, vi è la produzione di Etrusco e Farro Monococco.

Dal chicco alla farina

La farina è il prodotto della molitura e della setacciatura dei chicchi di frumento e degli altri cereali. Ma da che cosa poté mai nascere la farina? Nacque perché i raggi solari cadono sulla terra, perché il sole fa cadere luce e calore sulla terra, perché i cereali crescono per diventare farina. Tutto cioè è un vero prodotto del sole. Se così ci si vuole esprimere, è veramente un corpo fatto della luce del sole. ( R. Steiner. La storia dell’Umanità e le civiltà del passato) I metodi di produzione sono due, quello “industriale” e quello “a pietra”. La tecnica di macinazione a pietra è il metodo più antico e ancora insuperato nella produzione di farine di alta qualità. Il mulino a pietra odierno si presenta come un cilindro, rivestito esternamente in legno, in acciaio nella parte interna, che avvolge le due ruote in pietra: il grano entra da un’apertura superiore attraverso una sorta di grosso imbuto (tramoggia) posta sopra il cilindro che funge anche da contenitore per i chicchi. Le macine sono due ruote in pietra speciale sovrapposte che triturano il grano e lo sfarinato che se ne ricava passa in un setaccio, detto buratto, che separa la crusca dal cruschello. [caption id="attachment_18972" align="aligncenter" width="500"]Abbadia_San_Salvatore_Convegno_Grani_Antichi_20270330_20160409_11 Diapositiva ripresa dallo studio del Prof. Bendettelli[/caption] La debole velocità della macina mantiene bassa la temperatura durante la molitura e fa si che la farina non corra alcun rischio di “cottura”. Il germe e gli oli essenziali del chicco di grano s’impastano con la parte amidacea dando alla farina una colorazione sul bianco avorio con punteggiature beige scuro; vengono così preservate molte proprietà benefiche presenti nel grano. In seguito vi è l’abburattamento: la farina esce dalle macine ed entra in un cilindro di stoffa dove per sbattimento viene fatta la separazione della crusca e del cruschello. In questo modo si produce una farina 0, 1 e 2. Per una sana e nutriente panificazione occorre staccarsi dalla mentalità convenzionale della panificazione industriale che usa farine bianchissime e raffinatissime. Con il metodo industriale la farina integrale viene raffinata fino ad avere una farina bianca, costituita quasi esclusivamente da amido e glutine. Le farine così ottenute sono farine “morte” e non solo provengono da grani che al 99 % sono non italiani ma da varietà che sono state “ nanizzate” (ossia piante basse e fitte)e trattate in modo da produrre spighe di grano con tassi di amido e glutine forzatamente elevatissimi.

Effetti del consumo a breve termine di pane ottenuto da una vecchia varietà di frumento italiano sulle variabili lipidiche, infiammatorie ed emoreologiche

Si tratta di uno studio di intervento portato avanti da: Francesco Sofi; Lisetta Ghiselli; Gian Franco Mannini; Alessandro Casini; Concetta Vazzana; Vincenzo Vecchio; Francesca Cesari; Anna Maria Gori; Lucia Gensini; Rosanna Abbate e Stefano Benedettelli, di cui ne riportiamo le linee guida esposte durante il convegno di Abbadia S. Salvatore. Lo studio è stato finanziato dal Ministero italiano della Pubblica Istruzione MIUR, dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena e dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Desideriamo ringraziare i sig.ri Franco Petrini, Andrea Grifoni e Luciano Piazzetti per aver rispettivamente coltivato la varietà di grano Verna, macinato i chicchi e preparato il pane. Scopo della ricerca è stato il valutare l’influenza del consumo alimentare, a breve termine, del pane ottenuto da una vecchia varietà selezionata di frumento che cresce in Toscana, Italia, su alcuni parametri relativi al processo aterosclerotico. Il consumo alimentare a breve termine di pane integrale, ottenuto da una vecchia varietà di frumento, sembra imporre condizioni ottimali per quanto riguarda i più bassi livelli correnti di markers aterosclerotici. Recentemente è stato dimostrato che le diverse componenti benefiche dei cereali dipendono dalla produzione, dall’immagazzinamento, dal processamento e dalle condizioni climatiche dei cereali originari. Progetto di studio Il progetto è stato quello di uno studio di intervento alimentare aperto e trasversale, con trattamenti di due periodi di 10 settimane, sospesi da un periodo di interruzione di 10 settimane. Prima di iniziare, è stato condotto un periodo di prova per tutti i soggetti. Dopo questo periodo, i partecipanti sono stati individualmente istruiti a seguire un periodo di studio di 10 settimane (periodo di intervento) con il pane testato nella quantità di 150 gr al giorno. I soggetti sono stati incoraggiati ad attenersi alla loro dieta giornaliera abituale e ad includere tale quantità fissa di pane nel loro schema dietetico giornaliero. La quantità di pane da consumare è stata fornita tre volte a settimana a ciascun partecipante, in formati porzionati, pesati e del tutto gratuiti. Dopo il periodo di intervento, tutti i soggetti hanno seguito un periodo di interruzione di 10 settimane (periodo di interruzione). In seguito, per le successive 10 settimane (periodo di controllo), è stata data a tutti i soggetti una varietà di pane commercialmente disponibile nella stessa quantità e caratteristiche del pane usato per il test. Questo pane commerciale è ottenuto da farina derivata da un misto delle nuove varietà commerciali, tra cui le più usate sono Bilancia, Bolero, Eureka, Mieti, Nobel e Palesio. Campioni di sangue a digiuno sono stati prelevati all’inizio e alla fine di ogni periodo. Analisi In questo tentativo di alimentazione trasversale di 10 settimane, in soggetti clinicamente sani, è stato rilevato che il consumo di pane semi‐integrale ottenuto dalla varietà Verna, una vecchia varietà di pane integrale italiano, è in grado di migliorare i profili lipidici, infiammatori ed emoreologici. Per contro, un consumo della stessa durata di pane disponibile in commercio, non ha mostrato tali significativi effetti sul profilo di rischio aterosclerotico di questi soggetti. Questo è uno dei pochi articoli, che mostra che il pane prodotto dalla farina macinata con mulino a pietra da una vecchia varietà di frumento, produce effetti positivi su alcuni schemi relativi alle malattie aterosclerotiche. Lo studio presenta anche delle importanti limitazioni. Una di esse è la ristretta ampiezza del campione di studio. C’è bisogno di ulteriori e più ampi studi prima di tracciare una qualsiasi conclusione certa sugli effetti di tali prodotti alimentari sulla salute umana. I risultati del presente studio sono semplicemente una base promettente per valutare in maniera più completa questo aspetto della nutrizione clinica. Un altro limite è la mancanza di stabilità nelle abitudini alimentari e nell’attività fisica della popolazione presa in esame. Non può essere esclusa la possibilità che cambiamenti negli stili alimentari e di vita influenzino significativamente i parametri indagati, sebbene, prima del coinvolgimento, tutti i soggetti siano stati istruiti da medici ed esperti nutrizionisti in modo da mantenere il loro abituale stile di vita. Conclusioni L’assunzione a breve tempo di pane integrale, ottenuto da una vecchia varietà di frumento, sembra imponga condizioni ottimali dei più bassi livelli correnti di markers dell’aterosclerosi. Un consumo regolare di tale vecchia varietà di pane integrale, può essere utile a ridurre la quantità di rischi cardiovascolari della popolazione in generale.

La manipolazione del frumento

Il cambiamento che il frumento ha subito negli ultimi cento anni è iniziato proprio in Italia ad opera di Nazzareno Strampelli, agronomo, genetista e senatore italiano, che nei primi del Novecento intraprese un imponente programma di interventi di selezione che vanno sotto il nome di “rivoluzione verde”. Nel suo lavoro sul frumento Strampelli abbandonò la forma di miglioramento genetico che si era sempre praticata, quella cioè della selezione massale, che faceva lo stesso agricoltore nel suo campo scegliendo le piante che avevano i migliori requisiti in termini agronomici e di produttività. Introdusse invece la tecnica dell’incrocio tra varietà e specie diverse al fine di ottenere nuove varietà che soddisfacessero appunto i criteri di produttività in termini di incrementi quantitativi in risposta alle concimazioni con nitrati. In seguito gli agricoltori cominciarono a perdere l’opportunità di fare selezione delle sementi con le proprie mani. Conseguentemente furono espropriati delle sementi che erano state fino ad allora un loro diritto naturale. Tale esproprio si è poi esteso a molte altre piante agrarie con l’introduzione degli ibridi di prima generazione ed assumerà proporzioni catastrofiche quando arriveranno le sementi transgeniche. Negli anni ’70 alcuni genetisti italiani arrivarono a produrre la varietà di grano duro Creso mediante trattamenti con radiazioni gamma. Nel 1974, all’insaputa dei più, viene iscritto nel registro varietale del grano duro il Creso. Nove anni dopo, la superficie coltivata a creso in Italia era passata da pochi ettari a oltre il 20% del totale, con 15 milioni di quintali l’anno per un valore, di allora, di circa 600 miliardi di vecchie lire. Da una pubblicazione del 1984 si ricavò che quel grano era stato “inventato” e sviluppato presso il centro di studi nucleari della Casaccia, Roma, attualmente dell’Enea. In sostanza è stato ottenuto bombardando di raggi gamma la varietà Cappelli ed incrociandola poi con un’altra varietà messicana di Cymmit. Dal Creso così ottenuto, e incrociato con altre varietà, è venuta fuori buona parte delle varietà di frumento duro che oggi si coltivano. Una delle caratteristiche visibili anche ad occhi inesperti è il “nanismo” del frumento. La pianta si sviluppa rapidamente in primavera (levata) e raggiunge un’altezza pari a 40–80 cm, quando nella specie primordiale arriva oltre i 150/180 cm. [caption id="attachment_18970" align="aligncenter" width="500"]Abbadia_San_Salvatore_Convegno_Grani_Antichi_20270330_20160409_09 Diapositiva ripresa dallo studio del Prof. Bendettelli[/caption] Il mondo industriale e chimico lo sa bene: tali tipi di grano necessitano di enormi quantità di concimi chimici e pesticidi. Ecco come vengono prodotte le farine “forti”. Una bomba di glutine e proteine. Le conseguenze sono nefaste per la salute: celiachia ed intolleranze sono arrivate a colpire 1 persona su 100. Il grano risulta essere al primo posto fra gli alimenti in assoluto a causare allergie, problemi di gonfiori alla pancia e rischio di malattie metaboliche, obesità e diabete. “E’ ben noto che il frumento del passato era ad alto fusto cosicché facilmente allettava, cioè si piegava verso terra all’azione del vento e della pioggia. Per ovviare a questo inconveniente, in questi ultimi decenni il frumento è stato quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione genetica.” (Prof. Dott. Luciano Pecchiai, Primario Patologo dell’Ospedale dei Bambini di Milano a partire dal 1959.
Fonda nel ’60 il Centro di Eubiotica Umana, presso lo stesso ospedale: la ricerca eubiotica del Pecchiai è condotta contemporaneamente su più livelli, medico, agronomico e zootecnico). La biodinamica è un metodo di coltivazione basato sulla visione spirituale antroposofica del mondo elaborata dal filosofo ed esoterista Rudolf Steiner nello stesso periodo in cui si lavorava sulla “rivoluzione verde”. Egli cercò di descrivere tutti gli aspetti della vita e della scienza nei termini della filosofia olistica da lui ideata e denominata Antroposofia. Secondo questa filosofia, l’evoluzione della capacità di conoscenza dell’umanità si è accompagnata da una crescita della spiritualità. Con il metodo biodinamico, l’agricoltura è in sintonia con la natura, con la terra e con gli uomini. La concimazione, la coltivazione e l’allevamento sono attuati con modalità che rispettano e promuovono la fertilità e la vitalità del terreno e allo stesso tempo le qualità tipiche delle specie vegetali e animali. La base ideale per creare un’unità biodinamica è l’azienda agricola con un allevamento di bestiame: compost prodotto da concime solido da cortile, materiale vegetale come fertilizzante, rotazioni colturali, lotta antiparassitaria meccanica e pesticidi a base di sostanze minerali e vegetali.

Coltivazione dei grani antichi

In Toscana, esistono diverse aziende che, negli ultimi decenni, si sono adoperate per il recupero di questa tradizione, non solo per il significato antroposofico, ma, soprattutto, poiché è stato facile recuperare il germoplasma autoctono nel territorio senese. La Provincia di Siena vanta un patrimonio naturale che la pone ai vertici nelle classifiche della biodiversità. Opportunità di un’economia che non ha prospettiva, soprattutto in agricoltura, se non proteggere le risorse naturali di uno sviluppo complessivo del territorio che non può essere solo crescita; di un benessere collettivo diffuso, fatto di elementi materiali e immateriali, che non può prescindere da un rapporto corretto fra la comunità e il suo ambiente. L’ Associazione “Grani Antichi di Montespertoli” è un importante esempio a di filiera corta. Esso porta avanti un progetto di realizzazione con coordinamento fra diversi agricoltori, tecnici ed il gruppo del Prof. Benedettelli dell’Università di Firenze. Recupero e lavorazione dei grani antichi, interamente realizzato con varietà di grani selezionati per la prima volta nei primi del ‘900 dall’Istituto di Cerealicoltura della Tenuta Fontarronco dei Frassineto. Essi vengono coltivati con sistema biologico a Montespertoli e nelle vicinanze da aziende che rispettano il disciplinare autoimposto. La coltivazione ha un costo che si aggira intorno ai €700/800 ha, con una resa che si aggira attorno ai 15-20 q/ettaro. Il raccolto viene venduto direttamente al locale mulino che con la macinatura a pietra produce una farina di tipo “2” con la quale i fornai del posto usando solamente la pasta madre acida producono il Pane. E’ un lavoro che richiede il doppio del tempo rispetto alla lavorazione industriale, il prezzo di vendita del pane è sui 3,5 euro al chilo. Considerando il lavoro che ogni singola persona svolge per la realizzazione del progetto ed il peso sociale e civico che questo pane ha in sé il prezzo è veramente irrisorio.
Fonti. Bibliografia
  • La storia dell’Umanità e le civiltà del passato
  • “il miglioramento genetico del frumento duro: bilancio di un ventennio di attività” su l’Informatore Agrario, verona 40,n.29,di Bozzini, Mosconi, Rossi, Scarascia-Mugnozza)
  • prof. Dott. Luciano Pecchiai. Primario Patologo dell’Ospedale dei Bambini di Milano a partire dal 1959.
Fonda nel ’60 il Centro di Eubiotica Umana, presso lo stesso ospedale: la ricerca eubiotica del Pecchiai è condotta contemporaneamente su più livelli, medico, agronomico e zootecnico.
  • www.piramidealimentare.it/files_allegati/piramide.pdf
  • Effetti del consumo a breve termine di pane ottenuto da una vecchia varietà di frumento italiano sulle variabili lipidiche, infiammatorie ed emoreologiche
  • Dipartimento di Area Critica Medico Chirurgica, CentroTrombosi, Università di Firenze, e Agenzia Regionale per l’alimentazione, Ospedale universitario Careggi, Firenze; Centro Multidisciplinare di Ricerca sulle scienze alimentari e Dipartimento di Agronomia e gestione del territorio dell’Università di Firenze; e Fondazione Don Carlo Gnocchi, Impruneta, Firenze
  • -Custodi della AgroBioDiversità sezioni della banca regionale del germoplasma
  • Anna Maria Betti Assessore all’Agricoltura della Provincia di Siena
  • Dichiarazione dell’autore: Non esistono interessi finanziari concorrenti.
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