Abbadia San Salvatore. Le mani del mercurio del dottor Bojan

L’incontro col vicesindaco di Idrija, durante la visita nel fine settimana scorso, di una delegazione sull’Amiata, mi ha aperto nuove mani e prospettive. Il motivo era l’incontro, come altre volte accaduto, tra il Comune amiatino di Abbadia San Salvatore e quello sloveno di Idrjia; anzi, diciamolo meglio: tra due comunità che hanno più di un motivo di vedersi e parlarsi per decidere di ufficializzare la loro amicizia attraverso un prossimo gemellaggio. Paesi che già ben si conoscono da anni, sedi di giacimenti mercuriferi; paesi di montagna o giù di lì; paesi dalla vita passata dura, come le mani dei minatori, respirata tra le polveri, i gas e le gallerie venite giù a tradimento. Dove andare al lavoro, in miniera, giù, sotto la terra, sempre più calda e senz’aria, non era piacevole neanche nelle gelide giornate dei veri inverni; non questi dal clima mezzo primaverile che paiono freddi a chi non conosce il prima. Che poi, al lavoro, ci s’andava a piedi o coi “carrozzoni”, sia sull’Amiata che in Slovenia, tutti in fila, ordinati a parlare, quasi in silenzio, per non disturbare ancor di più le donne e i bambini ancora nel letto o stanchi del giorno. Dove, andare alla mensa, era un privilegio, per non mangiare quel che c’era nella sportina, giù in galleria o nel pozzo, con la minestra di pane condita con la polvere e il bicchiere illuminato dall’acetilene o le nuove lampade nello zuccotto a protezione del capo.  E’ quel che ho subito visto, soprattutto toccato (si, me le ha fatte proprio toccare), osservando e sfiorando le mani forti e segnate del vice sindaco di Idrija Bojan Rezun, minatore per 33 anni, ideatore e responsabile del Geopark di Idrijia, dal fisico forte e compatto come il cinabro, dentro una giacca col simbolo del minatore nel bavero e sulla pelle la camicia a quadri del montanaro. Un geologo e un minatore colto, umile nel vestire, nell’atteggiamento, nelle sue parole tradotte con cortesia e disponibilità dalla bravissima interprete Sandra Poljaaneg (laureata, professoressa dalle medie all’università della lingua italiana, diffusissima in slovenia). Dopo pochi secondi di colloquio con lui, il mio sguardo era già ben ben oltre i confini dell’uomo e della sua vista geopolitica, talvolta così stupida, da rintanarlo e sederlo in un trono peggiore di quello in Apocalypse Now, così diverso dallo stare in piedi del mio interlocutore. Il Vice Sindaco Bojan, con lo sguardo che passa le pareti della sala, mi parla convinto e sicuro di strade europee per unire comprensori rurali; di una UNESCO tanto rigida e attenta nelle regole, quanto da intenderla come una “lista aperta” a cui aggiungere anche i siti minerari dell’Amiata (il percorso è già stato presentato lo scorso anno attraverso l’iniziativa del Parco delle Miniere), ma anche gli altri europei, da est a ovest, per creare una sorta di rete mercurifera, fatta di lavoro, di sacrificio, di cultura, di amore e, quindi, di futuro. Si perché il buon Bojan (mi perdonerà la confidenza), non mi parla di ieri o dell’oggi, mi parla e mi porta nel domani, quasi ad indicare una via del futuro che passa attraverso la strada dal color cinabro, che esce dalle miniere, e dove giovani camminano attraverso lo scambio di idee, della conoscenza, dello studio per scrivere anche loro la parte nobile della storia dell’uomo e leggere sempre quella dell’uomo minatore. Un incontro è dir poco, è stato un segno per me, mentre velocemente il tempo mi riporta verso Santa Barbara che non riesco mai a farla passare senza emozione. E poi, quelle mani, sempre davanti ai miei occhi, senza la fede nuziale come fa chi ha lavorato col cinabro, poi mercurio, togliendola per paura si sciogliesse. Di mio nonno, laggiù, in fondo, dove il caldo era fuoco che bruciava, non è rimasto nulla: solo la fede tolta. Hvala, Dottor Bojan Rezun.]]>

Lascia un commento