Amiata. Una Festa del Lavoro senza il sorriso per i lavoratori Rivart. Un'altra voce da ascoltare

Un’altra azienda, in fortissima crisi nell’area Amiatina, condiziona pesantemente il presente ed il futuro dei lavoratori e delle proprie famiglie. Il colloquio cordiale con due operai, da sempre lavoratori dello stabilimento. Abbiamo incontrato, proprio alla vigilia della Festa del Lavoro e dei Lavoratori, due operai della Nuova Rivart, azienda del Gruppo Saviola, con sede nell’area industriale della Val di Paglia, che nasce come azienda produttrice di pannelli MDF (Medium Density Fibreboard) di alta qualità. L’azienda sta vivendo una crisi profonda, forse irreversibile, con conseguenze sul territorio molto significative sia in maniera diretta, con la mobilità dei lavoratori, sia in maniera indiretta, con l’indotto orfano di un’impresa con cui aveva rapporti commerciali e di servizi. Un altro polo che trae le proprie origini dal “Progetto Amiata”, ovvero quella fase di cosiddetta riconversione che vide, sostanzialmente, lo Stato intervenire nell’area, dopo la chiusura delle ultime miniere amiatine. L’ennesimo fallimento di un progetto che doveva portare lavoro, benessere, servizi, infrastrutture alle popolazioni ed ai paesi di quella che fu definita “area depressa”, alla faccia delle centinaia di minatori, uomini di montagna e del bosco, agricoltori ed artigiani che avevano dato orgoglio all’Amiata ed alla sua gente, notoriamente laboriosa e silenziosa, abituata, ancora, a non lamentarsi ma a tirar su le maniche e lavorare. Marco e Francesco (nomi di fantasia), operai Rivart, si presentano nella redazione Amiatanews, a Piancastagnaio, con queste prerogative, con questi lineamenti di uomini semplici, lavoratori, capi famiglie che sul lavoro e l’attaccamento alla terra, hanno deciso di fondare il proprio futuro, nel rispetto delle generazioni che gli han dato i natali. Due uomini quasi cinquantenni, che hanno conosciuto nel momento migliore della propria attività lavorativa, il dramma della mancanza del lavoro, immersi in un accordo di “mobilità”, unica opportunità per ricevere una paga “operaia” così da dare quel che possibile alle proprie famiglie composte da giovani figlioli e da pazienti e rassicuranti compagne. Iniziano a parlare con cordialità, ringraziando della presenza e dell’attenzione a loro riservata. “Vogliamo raccontare la nostra situazione in maniera semplice, realistica con la speranza di essere ascoltati. Ringraziamo per questo Amiatanews, che si è dimostrata sensibile verso di noi ed i nostri colleghi Rivart. La nostra è ormai una situazione realisticamente disperata – raccontano – La mobilità che ci sta sostenendo  da alcuni mesi, scadrà tra circa un anno. Cosa faremo dopo? Quale il destino delle nostre famiglie e, soprattutto, quale sarà quello della Rivart? Come abbiamo il dovere di compiere il nostro lavoro, anche in una situazione drammatica come questa, abbiamo anche il diritto di essere tutelati dagli stessi protagonisti di un progetto, quello della riconversione delle miniere, di cui noi, seconda generazione, non possiamo scontarne gli errori in prima persona. Inoltre – continuano M. e F. – abbiamo un’età che non ci aiuta, anzi, ci penalizza e di molto; siamo troppo “giovani” per pensare ad una pensione e, allo stesso tempo, ritenuti “vecchi” nel caso cercassimo lavoro altrove. Si poteva pensare ad un periodo di formazione per essere magari formati anche per altri lavori; non ci spaventa cambiare, siamo pronti a tutto. Inoltre, il nostro stipendio da operaio, non ha permesso risparmi significativi tali da poter pensare a mettersi in proprio.” La Rivart si aggiunge al fallimento di un’altra grande azienda del posto, Floramiata, a testimonianza di una situazione insostenibile per centinaia di persone e dell’indotto, costretti a cercare lavoro per poter tirare avanti… “Già è proprio così! – esclamano i due operai – Siamo vicini al dramma di Floramiata ed anche a quello delle aziende che operano nell’indotto (trasporti, commercio e servizi). Ma vogliamo anche cogliere l’occasione per far sentire la nostra voce, il nostro impegno quotidiano e la drammaticità della situazione. Non chiediamo sostegni economici, oggi chiediamo semplicemente ascolto e sostegno morale, con lo stesso sacrosanto diritto di chi vive una situazione già divenuta insostenibile. Le istituzioni locali, la Regione, lo Stato Italiano ha il dovere di ascoltarci, di ricordare del nostro esistere che è sempre stato garbato e corretto, lontano da manifestazioni eclatanti, ma, anche un po’ trascurato dai media.” I sei sindaci dell’area (Abbadia S. Salvatore, Radicofani, Piancastagnaio, Castiglione d’Orcia, Santa Fiora e Castell’Azzara), hanno più volte scritto al Governatore Enrico Rossi, che li riceverà il prossimo 16 Maggio in Regione. “Sappiamo proprio attraverso Amiatanews, dell’impegno, anche recente, degli Amministratori locali e dell’incontro a Firenze. Aspettiamo con fiducia i risultati, col timore, però, di dover affrontare tempi troppo lunghi per la soluzione. La speranza l’abbiamo tutti, tutti noi lavoratori, ma conosciamo anche la storia da dove veniamo e quel che succede intorno. Ci vuole una forte unione di intenti, devono avere per noi la stessa attenzione che hanno avuta per altri poli produttivi ed aziende della Toscana. L’Amiata, nei decenni delle miniere, era ritenuta una terra difficile ma ambita in tutta la Toscana per il lavoro e l’impegno della gente. Sembra davvero che si stava meglio quando si stava peggio, quando i nostri padri ed i nostri nonni lavoravano nelle profondità della montagna. Ci siamo anche noi e ci siamo oggi: questo chi ha il governo delle cose, ha il dovere di ricordarselo in maniera concreta e leale, senza più progetti che al primo soffio di vento crollano irrimediabilmente. Non vogliamo assistenzialismo, questa terra è una terra di lavoratori, lavoratori per bene che credono in quel che fanno.” Una terra che sembra creare problemi, invece che soluzioni…  “Questa è la terra dove siamo stati concepiti, dove siamo cresciuti o arrivati, dove vogliamo continuare a lavorare per dare un futuro ai nostri figlioli affinché continuino le generazioni dei padri e delle madri, in questa terra se li vorrà o altrove. Il mondo cambia e la gente si muove, lo sappiamo bene, ma crediamo che i valori dell’uomo e del lavoro, possano esistere anche qui. E’ questa la soluzione che desideriamo per noi, per i nostri colleghi Rivart e per tutti i lavoratori dell’Amiata.”  Un colloquio vero, sereno nella sua drammaticità, grazie all’innato rispetto che solamente persone semplici nel loro vivere con orgoglio il proprio lavoro e una vita comunque ricca di amicizie e passioni, può regalare. La parola, i fatti ora sono compito altrui, che dovranno fare attenzione a tener lontani imprenditori e politici opportunisti, nel rispetto di tutto e di tutti. Amministratori uniti e ben saldi nell’abbracciare assieme un’Amiata che è acqua, terra, energia, ambiente e, soprattutto, uomini di volontà Prendiamo un caffè con i due amici, in una mattina di fine Aprile fredda e piovosa. Vogliamo con loro, che Maggio porti il sole e la speranza. Un po’ come l’albero che domani notte verrà alzato da queste parti, simbolo di speranza e libertà ,ma anche segno di giustizia ed equità sociale. Buon Primo Maggio a M. e F. ai loro colleghi ed a chi dovrà decidere. Decidere presto.]]>

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