Baci e abbracci in tempi di pandemia: riflessioni sui risvolti del distanziamento fisico per adulti e bambini

Amiatanews: Siena 03/11/2020

Di Elena Lorenzini 

Sono cresciuta pensando che essere liberi di abbracciare e baciare una persona e stare vicino all’altro manifestando i propri sentimenti, fosse la vera libertà. 
Io sono sempre stata un’adolescente e una ragazza restia a gesti di affetto quali baci ed abbracci e quando sentivo dentro la voglia di lasciarmi andare reprimevo il bisogno di un abbraccio pensando che non fosse gradito all’altro.
Per essere libera di manifestare la mia vicinanza, mi ci sono voluti anni e quindi, a maggiore ragione, noto e cerco di capire i risvolti del distanziamento fisico, che ci viene imposto in questo periodo storico.
La forzata mancanza di contatto fisico, che abbiamo dovuto praticare negli ultimi mesi, è stata anche argomento di un articolo del New York Times. Il pezzo in questione, spiegava l’importanza del contatto come aiuto per ridurre lo stress, in quanto il tocco di un’altra persona aiuta a calmare il sistema nervoso simpatico, che nei periodi di forte preoccupazione rilascia l’ormone dello stress (cortisolo). Secondo quanto riportato dal giornale newyorkese, anche solo tenersi per mano aiuta a tenere a bada l’angoscia, perché ci sentiamo meno soli e persi.
Alcune persone hanno sentito e sentono particolarmente la mancanza del contatto interpersonale. Qualcuno ha cercato di ovviare a questa situazione, infatti, durante la quarantena una donna americana, si è addirittura inventata un “guanto per abbracciare”, usando un telo trasparente con le maniche per poter avvolgere la madre in un abbraccio, attraverso la plastica.
 
Nelle ultime settimane, purtroppo mi é capitato di presenziare a un funerale e lì ho avuto modo di osservare che, le persone immerse nel dolore e nella perdita, si lasciavano andare in abbracci e strette di mano, senza badare troppo alle prescrizioni imposte per il contenimento del contagio da Sars-Cov2, come se tutti gli schemi cognitivi di distanza acquisiti in questi mesi, fossero stati spazzati via dalla parte emotiva e istintiva.
Sappiamo, infatti, grazie agli studi di ricerca in psicologia sociale, che, il toccarsi in modo affettuoso, è il modo in cui i nostri sistemi biologici comunicano l’un l’altro che siamo al sicuro, che siamo amati e non siamo soli, soprattutto quando il dolore si manifesta in una sensazione di vuoto incolmabile.
 
Queste immagini, che ad oggi ci risultano inappropriate e fuori dalle regole, che probabilmente fuori dall’obitorio non vedremo per altri mesi, mi hanno fatto riflettere sul fatto che, dei gesti ritenuti prima assolutamente normali e la cui assenza o dimenticanza in certe situazioni poteva quasi essere interpretata come un atto di maleducazione (come ad esempio l’atto di evitare la stretta di mano altrui, in segno di saluto), adesso sono percepiti come strani. Infatti, se qualcuno si avvicina a noi per darci la mano (dimenticando per distrazione i comportamenti prescritti in questo periodo) o inavvertitamente ci passa accanto, abbiamo una sensazione di allarme e di pericolo (devo proteggermi).
Nei primi mesi di marzo – aprile, ci risultava difficile derogare all’abitudine del compimento di questi gesti di buona educazione. 
Oggi, dopo nove mesi di pandemia e di nuove regole, abbiamo acquisito nuove norme sociali. Quindi, adesso, una persona che si avvicina a noi, ci può far scattare un allarme interno (non è giusto, non si può fare) e viene naturale prendere delle contromisure, rimettendo nuovamente distanza dall’altro, magari anche pensando “vorrei darti un bacio o un caldo abbraccio ma non posso”.
Un altro aspetto che possiamo notare é che anche durante la visione di film o video musicali dove  compaiono scene di persone che si abbracciano, che cantano a squarciagola ad concerto o si parlano vicine vicine senza mascherina, ci risultano strane e quasi lontane anni luce dalla nostra condizione di oggi. 
 
Questi fatti lasciano supporre che ormai siamo tutti condizionati ed abbiamo modificato i nostri schemi mentali. Comportamenti che prima erano naturali ora non solo non lo sono più; ci creano disagio nei casi in cui ci vengono manifestati o se li vediamo posti in essere da altre persone. Abbiamo acquisito un nuovo modo di rapportarci all’altro e all’ambiente circostante.
Il mio pensiero, tuttavia, non é rivolto a noi adulti, che siamo cresciuti con l’esperienza della vicinanza e di manifestazioni fisiche come il dare la mano e gesti di affetto (pensiamo ai genitori che esortano il loro figlio a dare un “bacino” al nonno o ad un parente); la mia preoccupazione va ai bambini di oggi, che stanno crescendo in questa società pandemica dove il messaggio che gli viene inviato è l’esatto opposto, ovvero che stare vicini è pericoloso e che dobbiamo controllare il nostro istinto di entrare in contatto fisico con gli altri.
Finita la pandemia, una delle aree su cui intervenire sarà quella di fare opera desensibilizzazione ovvero aiutare questi bimbi a ricreare nuovi schemi mentali, nei quali il legame fra abbracciarsi-toccarsi-baciarsi e il pericolo del contagio, resti un ricordo. É necessario, infatti, che i futuri adulti acquisiscano una nuova modalità di stare vicino all’altro, basata sulla emotività e la naturalezza e non sul controllo e sull’aspetto quasi esclusivamente cognitivo ( mi devo controllare, cosa dice la regola).
 
Nel frattempo cosa possiamo fare con i bambini?
Almeno in famiglia, con le persone conosciute, di cui è certa la non positività al virus, organizzare ancora più di prima, giochi di contatto (lotta, solletico)  o attività  dove si invitano i piccoli ad esprimere i loro sentimenti e le loro sensazioni, magari disegnando. É importante anche darsi abbracci e baci per far sentire la vicinanza.  Ricordiamoci infatti che un abbraccio del babbo e della mamma aiuta i figli a sentirsi al sicuro, amati, contenuti e accolti senza giudizi.

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