Il nostro vivere quotidiano, è ormai intessuto di linguaggi e soluzioni che non lasciano il posto ad un senso di umana pietà. La meravigliosa storia del Natale Cristiano, inizia con un “no” ad accogliere chi, in una fredda notte d’inverno, chiedeva ospitalità per una piccola famiglia in cammino verso Betlemme, per adempiere un obbligo, quello del censimento, imposto da Cesare Augusto. Due poveri pellegrini, con un bambino nel grembo della donna, che sta per venire al mondo. Da più di duemila anni, nella notte di Natale, nelle Chiese, risuona il messaggio evangelico di Luca, che ci richiama a quello che fu il primo gesto di emarginazione della storia :”… Trovarono alloggio in una stalla perché per loro non c’era posto nell’albergo.” Se anche il Figlio di Dio, ha sofferto il “rifiuto”, non possiamo dire, che da quella “lezione”, l’uomo abbia imparato qualcosa di buono. Oggi, il tema dell’accoglienza, è un tema che tocca il mondo, le nazioni intere, l’Europa, la nostra Italia, culla di antiche radici Cristiane. L’ormai presenza quotidiana di immigrati, gli sbarchi drammatici, le morti in diretta di tanti fratelli e sorelle, fanno da contro altare a politiche sempre più discriminatorie, prese di posizione, iniziative, che dividono e non uniscono. Anche il nostro vivere quotidiano, è ormai intessuto di linguaggi e soluzioni che non lasciano il posto ad un senso di umana pietà. Per tutti, ormai, il luogo comune è quello di “immigrati venuti nella nostra tranquilla Europa per rubare l’esiguo spazio rimasto, compreso il lavoro e i bisogni sociali nostri e solo nostri.” C’è chi si dimentica di essere stato esiliato, profugo, cacciato, schiacciato da ideologie totalitarie e senza libertà personali, ed ora, nel caldo “ventre” di un’Europa sempre più divisa, alza forte la voce, minacciando l’erezione di muri, fili spinati, ricorrendo a tristi rituali identificativi che ricordano il più bieco sterminio di massa avvenuto nel secolo scorso. I fantasmi di odio e di intolleranza, sembrano ritornare minacciosi, avvolti da una cupa nebbia fatta di slogan e appelli senza un vero motivo. Fortunatamente, al pessimo promo che accompagna il tema dell’accoglienza, dobbiamo saper individuare e vedere, semi di fraternità che nascono spontanei e che, come piccoli alberi in una grande foresta, non fanno rumore. Penso, sulla strada dell’imminente Natale, alla figlia di una mia carissima amica, studente universitaria, che ha trovato nell’accoglienza a diversi profughi, un modo per continuare l’opera del padre, scomparso recentemente. Un padre che ha saputo dare alla figlia tanti valori di solidarietà, giustizia , amore per il prossimo. E penso a chi, ogni giorno, come alla Casa Famiglia di Piancastagnaio, si piega a curare quelle ferite umane, che tanti fratelli portano nel cuore. Mi aiuta, il fatto che quella porta e quella cucina, sono sempre aperte come sosta per chi, a immagine di Maria e Giuseppe, pellegrini nella notte di Natale, sono in cerca di un alloggio dopo l’ennesimo rifiuto. Accogliere chi sta peggio di noi, senza domande: ce lo insegna l’antico libro del deuteronomio: “Accoglierai il profugo e lo straniero, perché tu sei stato profugo e straniero in terra di Egitto.” “A” come Accoglienza dunque, una lettera che dovrebbe impegnarci tutti, non solo a Natale: sempre.]]>
"Dieci Lettere" per un Buon Natale: "A" come Accoglienza
- Autore dell'articolo:Redazione
- Articolo pubblicato:16/12/2016
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