Il piccolo chiostro. “C”, come compassione

Amiatanews: Amiata 31/01/2021
Appuntamento con Don Carlo Prezzolini, e le sue riflessioni riprese dalle pagine web del sito da lui ideato, “Il piccolo chiostro” (www.ilpiccolochiostro.it), nome della piccola chiesa da lui guidata.

Di Don Carlo Prezzolini (Confronto e Araldo poliziano, Toscana oggi 31 gennaio 2021)

“Noi, piccole, povere isolette” affermavo, convinto, negli ultimi “appunti”.
La tendenza degli umani a questa visione personale forse c’è sempre stata ma è cresciuta, possiamo dire, con la scoperta e la centralità della nostra dimensione di individui. Bellissima scoperta, ma oggi si è trasformata in egocentrismo e le persone in “povere isolette”.

“Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?”; faccio mio il canto del salmista, che, però, subito dopo aggiunge: “Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato” (Salmo 8,4-6). Come cristiano sono invitato ad aggiungere che noi siamo chiamati a diventare come Dio, grazie all’Incarnazione del Figlio, che si è fatto uomo per questo fine, mostrandoci il vero Volto, il vero Cuore del Padre: che è un Cuore ricolmo di compassione, che è il sentimento della santissima Trinità.

Quante volte il Signore di fronte a persone malate ha compassione: ricordo il lebbroso che lo supplica di  “purificarlo” e Gesù lo tocca, lo accarezza, non ha problemi a diventare “impuro” e lo guarisce (Marco1,40-45). Ha una grande compassione della madre, rimasta vedova, che piange per la morte del suo unico figlio: “Ed egli lo restituì a sua madre” (Luca 7,11-17). Stupenda è la parabola del “Buon Samaritano” dove questo eretico ha compassione di un uomo massacrato da briganti e se ne prende cura, fino in fondo: l’interlocutore di Gesù, un dottore della Legge che lo aveva interrogato per sapere cosa doveva fare per “ereditare la vita eterna”, è costretto a riconoscere che deve comportarsi come il Samaritano, che ha avuto compassione del povero ferito (Luca 10,25-37).

E Gesù ha compassione delle folle che lo seguono, per la loro “fame spirituale”, perché “erano stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore” (Matteo 9,35-37) e si propone Lui come il “Buon Pastore”. Ed ha compassione anche per la fame materiale della gente, li guarisce e li sfama (Matteo 14,13-21).

Per Gesù la compassione viene prima della legge, delle regole di tutti i tipi che appesantivano gli israeliti, e che hanno appesantito anche la Chiesa nei secoli: dobbiamo riscoprirla come cammino di conversione. E come persone siamo chiamati a scoprire e a vivere, a ricercare la compassione e a farne il ponte fra le nostre povere isolette.

Ma cosa è la “compassione”? Spesso noi la confondiamo con  “l’avere pena”.
“Uh, poretto/a, che pena mi fai! Come sei ridotto/a male!”. Diverse volte ho sentito queste considerazioni orribili, che fanno tanto male,  di fronte a persone malate, poi salutate con uno “Speriamo che vada meglio. Saluti!”
Questa non è per niente la compassione!
La compassione è il soffrire e il gioire con l’altro,  condividere le cose brutte e quelle belle che ci capitano, condividere il cammino della vita. Questo ci insegna Gesù Cristo che si fa come noi per condividere la nostra vita, le nostre ricchezze e la nostra povertà, la luce e le tenebre del mondo, condividere tutto escluso il peccato; condividere anche il nostro limite più  grande, la morte, perché noi possiamo risorgere con Lui.

Possiamo collegare le nostre povere isolette con questo ponte fondamentale che è la compassione: noi cristiani perché ce lo insegna con la sua vita il Signore, ma ritengo che tutte le persone, credenti o no, lo possano condividere come sentimento bello, positivo, profondamente umano.

Carlo Prezzolini
donprez51@gmail.com
Confronto e Araldo poliziano, Toscana oggi 31 gennaio 2021

Lascia un commento