Il piccolo chiostro. Cappellano in ospedale ai tempi del Covid

Amiatanews: Amiata 24/05/2020
Appuntamento con Don Carlo Prezzolini, e le sue riflessioni riprese dalle pagine web del sito da lui ideato, “Il piccolo chiostro” (www.ilpiccolochiostro.it), nome della piccola chiesa da lui guidata.

Di Don Carlo Prezzolini (Toscana oggi – Confronto 24/05/2020)

Da sei mesi sono cappellano dell’Ospedale di Abbadia San Salvatore, su richiesta del vescovo di  Montepulciano Stefano, accolta dal nostro vescovo Giovanni. Questo Ospedale è, con quello di Castel del Piano, a servizio della Montagna amiatina e dei paesi circostanti, quindi lo possiamo definire  “interdiocesano”. Poi Abbadia è il mio paese di nascita, e di crescita, e conosco la realtà, sociale ed economica, della zona.

Negli ultimi anni della mia vita sacerdotale, le esperienze, umane e spirituali, mi hanno confermato che il cammino con i malati è una importante caratteristica della mia vocazione, cristiana e presbiterale, e l’attività di cappellano ospedaliero è una tappa importante di questo cammino. Alcuni amici, anche sacerdoti, si sono meravigliati che continuassi il detto impegno in questo momento delicato della pandemia. Devo dire che personalmente sono molto sereno: nell’Ospedale amiatino non vengono curati i malati del coronavirus, se c’è un caso sospetto viene messo in isolamento, in attesa delle analisi specifiche. Io stesso mi sono sottoposto alle analisi del sangue, risultate negative.

Negli  ultimi mesi sono diminuiti i ricoveri,   effettuati in situazioni gravi, con malati con cui  spesso è problematico stabilire una relazione. Però queste persone  sono ancora più sole, con le visite dei loro cari, quando ci sono e sono disponibili, limitate come numero e come orario. Mi sono reso conto ancora con più esperienza di quanto sia importante essere sostenuti dall’affetto e dalla vicinanza di altri nella malattia e nel cammino verso la morte; sono momenti particolarmente importanti in cui scopriamo che il nostro essere persone è centrato sulle relazioni umane, di amicizia e di affetto. Uno degli aspetti più orribili di questa pandemia non è che il tema e la possibilità della morte sono apparse come una realtà esistenziale per tutti noi: questo potrebbe portare ad accettare, a pacificarsi con questa realtà, che la nostra società pretendeva di mettere da parte, di non considerare. Ma forse l’aspetto più tremendo e che chi  muore di coronavirus, in rianimazione o in terapia intensiva, muore da solo, senza nessuno che lo accarezzi, gli stringa la mano,  preghi con lui e per lui. E questo è particolarmente doloroso anche per i suoi cari, che non hanno avuto nemmeno il conforto di funerali pubblici, momento fondamentale di accoglienza e inizio di elaborazione del lutto.

Ho cercato di fare il possibile per essere vicino ai malati e ai loro cari, cercando il dialogo, ascoltando, rispettandone le idee e la fede, pregando con chi era disponibile, amministrando anche i sacramenti dove richiesti. Ho cercato di ascoltare, di parlare con tutti. E molto spesso i malati hanno espresso gioia nel vedermi, nel pregare o semplicemente nel parlare con me. E per me questo è stato molto bello, mi ha sostenuto nelle difficoltà del momento, mi ha arricchito umanamente e spiritualmente, come uomo e come prete.

Sono sempre più convinto che noi ci costruiamo, come persone, nel confronto, nelle relazioni con gli altri e con la natura; scopriamo camminando insieme agli altri i nostri limiti e le nostre ricchezze, i nostri pregi e i nostri difetti; scopriamo la nostra individualità. Il confronto, la solidarietà, lo scambio, la vicinanza sono la vita dell’umanità e sono l’unica strada per uscire da questa situazione di crisi gravissima provocata dalla pandemia. Crisi che è strettamente unita al disastro ambientale che stiamo provocando.

Gesù ci ha insegnato con la sua vita che la compassione è il sentimento del cuore del Padre, di cui Lui è l’immagine fatta uomo: il Padre soffre con noi, gioisce con noi, cammina con noi, che siamo creati dal suo amore.
Questa è la realtà che siamo chiamati a testimoniare, in particolare con le persone più in difficoltà e nel dolore, come cristiani, non altro.


Carlo Prezzolini
donprez51@gmail.com
Toscana oggi – Confronto 24/05/2020

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