Il piccolo chiostro. Ripartire dalla marginalità

Amiatanews: Amiata 12/07/2020
Appuntamento con Don Carlo Prezzolini, e le sue riflessioni riprese dalle pagine web del sito da lui ideato, “Il piccolo chiostro” (www.ilpiccolochiostro.it), nome della piccola chiesa da lui guidata.

Di Don Carlo Prezzolini (Toscana oggi – Confronto 05/07/2020)

In uno degli ultimi “appunti” affermavo, con un po’ di pudore, che i mesi di isolamento imposti dal coronavirus per me sono stati importanti. Ho recuperato la dimensione eremitica della mia scelta, il silenzio, la meditazione, la solitudine. Ma anche il dialogo e l’impegno per gli ultimi, in particolare come cappellano dell’ospedale di Abbadia San Salvatore. Non ho mai rinunciato alle camminate, vivendo in montagna, ai margini del bosco e avendo un piccolo cane, Tato. Il “pudore” deriva dal pensiero per tutte quelle persone costrette in casa, magari in famiglie  numerose e con case di poche decine di metri quadrati, per tre mesi, al loro smarrimento e alla loro sofferenza e ai loro problemi economici. 

La Montagna amiatina, come anche gran parte della Maremma, ormai da decenni sono diventate zone marginali, di spopolamento crescente, con i paesi sempre più di anziani o quasi abbandonati. Fino ad oggi il sistema sociale ed economico ha imposto un forte accentramento nelle città e nelle loro periferie, con gravi problemi di inquinamento ambientale e, possiamo dire, impoverimento grande di relazioni sociali e personali. Le comodità, dal lavoro ai servizi di ogni tipo, hanno favorito questa “rivoluzione” demografica. Gran parte dei nostri territori collinari e montani, di tutto il Paese, sono in abbandono, sempre più spopolati. Questo fenomeno è stato favorito anche dalla industrializzazione dell’agricoltura e degli allevamenti con prodotti sempre meno naturali e con la crisi della coltura della terra più tradizionale. E i paesi piccoli stanno perdendo sempre più anche i servizi pubblici, dalle scuole alle banche alle poste ai presidi sanitari. E risultano isolati anche dal punto di vista delle comunicazioni informatiche. L’abbandono del territorio ha provocato anche una grave crisi ambientale, con acque non più regimate dalle coltivazioni e dalla cura del bosco. 

E nelle zone più densamente popolate, dalla Cina al nord Italia fino all’America, sono esplose le epidemie del coronavirus, con gli ospedali e le terapie intensive in gravi difficoltà, case di riposo per anziani in tilt, isolamento in angusti spazi fisici.

Ripartire: dobbiamo ripartire dagli esclusi, persone, categorie sociali, zone marginali del territorio, come base di una riconversione ecologica, sostenuta dal digitale, non solo del sistema produttivo ma di tutta la società. Dobbiamo ripartire non dalla ripresa della cementificazione ma dal recupero dell’esistente, case, borghi e ambiente.  Altrimenti, sono sempre più convinto, non avremo un futuro. 

I Vescovi italiani hanno proposto di centrare le attività pastorali e spirituali dei prossimi mesi, a cinque anni dalla pubblicazione, sulla stupenda enciclica di papa Francesco “Laudato sii”, che ha dato un grande contributo non solo per l’apertura della Chiesa alla contemporaneità ma a tutta la società umana, che ha una “casa comune” che va salvata, superando lo sfruttamento barbaro a cui da due secoli la stiamo sottoponendo, con la crescita esponenziale delle povertà e dell’inquinamento e di nuove schiavitù. 

Sono pienamente d’accordo con i nostri Vescovi: purtroppo l’enciclica è stata messa da parte troppo presto e non ha portato a cambiamenti importanti di stili di vita, come indicava con forza.

La grave crisi sanitaria provocata dal virus, che è diventata crisi economica e sociale, riuscirà a stimolare la conversione ambientale e sociale della civiltà degli inizi del 2000? Riuscirà a farci comprendere che “siamo tutti sulla stessa barca”?

Ci sono segni positivi, anche se ancora sono piccoli: tanti giovani si stanno dedicando al lavoro della terra, in modo nuovo ed ecologico, con produzioni agricole diffuse sul territorio e recuperando i prodotti tradizionali. Penso alla mia Montagna e alla ricchezza dei suoi prodotti: dalle castagne ai frutti di bosco, dalle patate ai prodotti dell’orto, al vino e agli olivi nelle valli. Penso anche ad un turismo che scopra le  ricchezze della nostra “natura storica”, le faccia conoscere e le valorizzi.
Siamo chiamati a convertirci all’amore per la nostra “casa comune”.

Carlo Prezzolini
donprez51@gmail.com
Toscana oggi – Confronto 05/07/2020

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