Amiatanews (Elena Lorenzini): Siena 07/11/2019
Riflessioni sul libro di Daniele Novara
Di recente ho letto il libro “I Bulli non sanno litigare” di Daniele Novara.
Nel libro, il pedagogo esprime la tesi che i bulli siano così perché non sono stati educati al conflitto e alla cooperazione. Cercano di prevaricare l’altro perché non conoscono altri linguaggi.
Secondo l’autore il bullo aumenta il proprio potere e la propria forza davanti ad un pubblico che collude con lui (i professori, i genitori e gli altri studenti). Senza una platea che lo assecondi il bullo non metterebbe in pratica quei comportamenti. Quindi il problema è prevalentemente della comunità e del gruppo classe o sportivo.
Ultimamente ho tenuto un laboratorio presso la scuola media di Taverne D’Arbia a Siena, dove, con i ragazzi delle terze classi, abbiamo parlato del cyberbullismo, ovvero il bullismo che si manifesta tramite i mezzi digitali (chat, social , blog). Perché si parli di Cyberbullismo occorre che vi siano alcune caratteristiche: la prevaricazione nei confronti di un soggetto più debole, la continuità nel tempo (tutti i giorni invio dei messaggi offensivi), la volontà di fare del male e l’assenza di limiti spazio- temporali.
L’obiettivo che si prefigge il libro è quello di “insegnare ai ragazzi a vivere con gli altri e a rispettarli”, munendoli delle giuste istruzioni per stare felici e connessi, fornendo agli insegnanti gli strumenti per affrontare questo fenomeno.
Secondo Novara, dobbiamo insegnare ai ragazzi a saper litigare. Discutere bene, non è una cosa semplice, perché occorre imparare a restare sul problema, ascoltare, non giudicare la persona, riuscire a mollare in parte la propria posizione per negoziare un accordo e stare sulla questione e non sulla persona (l’idea è tua e quindi non mi piace).
Il conflitto fa parte delle relazioni umane. Ne è un aspetto basilare. Freud diceva che se due persone non discutono mai uno ragiona anche per l’altro. Quindi è importante imparare a dire ciò che si sente, a dire di no, e a sapersi confrontare senza cadere nella guerra di posizioni.
I bulli rispetto a questo tema soffrono di “carenza conflittuale“. Non sono in grado, cioè, “di stare nella tensione relazionale, vivendola prevalentemente come una minaccia ingestibile”. Hanno problemi di relazione, dunque. Li nascondono con l’aggressione fisica o psicologica. Cercando un capro espiatorio su cui scaricare le proprie difficoltà. Ma potendo contare anche su “un coro che guarda, non dice nulla e non prender una posizione, moltiplica gli insulti e le aggressioni”. Come avviene nel Cyber bullismo. “Un coro di dimensioni enormi, così smisurato e assordante da produrre nella malaugurata vittima la sensazione di essere accerchiata“. Sovrastata da una macchina infernale “che non le concede scampo, che la perseguiterà per sempre. E da cui nessuno è in grado di proteggerla”. ( I bulli non sanno litigare- D. Novara)
Per concludere, durante gli incontri che tengo nelle scuole cerco di sottolineare il fatto che il bullismo non è una questione fra due attori: carnefice-vittima. Ma rappresenta, piuttosto, “il campanello di allarme di un disagio che riguarda un gruppo di attori (genitori, professori, compagni di scuola). Dovremmo spostare il punto di vista da noi all’altro.
Nelle conversazioni online e offline, pensiamo che sia tutto riferito a noi stessi, che solo noi siamo al centro del mondo e che tutto debba essere costruito a nostra immagine e somiglianza, questo provoca molto egoismo e scarsa empatia. Il nuovo modo che propongo è quello di mettere l’altro al centro. Nel momento in cui tengo al mio interlocutore (nella rete o nella vita reale), peserò le parole, cercherò di stare sui fatti e di non offendere nessuno e proverò ad avere un comportamento di compassione, ovvero un atteggiamento comprensivo verso una persona che riteniamo stia soffrendo e cercherò di non essere io a provocarle dolore.