Piancastagnaio. Amare per amare: dire "no" a una ragione che diviene all'unisono torto (e viceversa).

Da qualunque lato si possa vedere, c’è un profondo dispiacere e tutti ne usciamo con una parte di responsabilità Le vicende testimoniate e raccontate a Piancastagnaio in queste ultime ore, hanno sicuramente turbato almeno parte della comunità locale. Raccontare di episodi spiacevoli non è mai facile, tutt’altro; se poi narrano di minori, delle loro famiglie, di chi ne ha ruoli fondamentali nella formazione e anche comportamentali come la scuola, lo è  ancora di più. Quel che bisogna tener presente è come tutto vada anche a incidere sulla collettività e, a parer di chi scrive, nella collettività ci sono, anzi, ci siamo, un po’ tutti: il giusto o lo sbagliato, la ragione e il torto, o, per dirla tutta, chi offende e chi è offeso, chi maltratta e chi è maltrattato, chi colpisce o chi è colpito, sia moralmente che fisicamente, umanamente e professionalmente. Fosse vera fino in fondo, è una “faccenda” complessa e complicata, con risvolti per i bambini, le famiglie, le insegnanti e, dunque, per parte importante di una società che cerca di migliorarsi ogni giorno alla ricerca di soluzioni talvolta troppo ricercate da essere introvabili. Oltre che sperare sia tutto nulla, forse, bisognerebbe anche assumere atteggiamenti più sereni nelle valutazioni, mostrando a noi stessi e agli altri più attenzione nel facile giudizio dei comportamenti del prossimo verso di noi, così come del nostro verso l’altro. Magari ricordarsi, chi può, di un grembiule col fiocco e un colletto bianchi ben inamidati, come nella foto che mi ritrae tra la fine degli anni ’60 e i primissimi ’70, quando tutto sembrava così rivoluzionario da essere oggi normale e non c’erano leggi che vietavano di farla vedere ad “amici e parenti”. Da qualunque lato si possa vedere, c’è un profondo dispiacere e tutti ne usciamo con una parte di responsabilità. Bisognerebbe dare per avere, ascoltare per parlare, conoscere per capire e, soprattutto, amare per amare. Il resto, potrebbe essere solo una rincorsa a una ragione che diviene all’unisono torto (e viceversa).]]>

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