Piancastagnaio. “La tenda rossa che salvò l’Amiata”; nel libro di Francesco Serafini la memoria delle lotte dei disoccupati delle miniere

Amiatanews (Marco Conti): Piancastagnaio 05/08/2020
La presentazione del libro sabato 8 agosto alle ore 18 presso il giardino di Villa Elvira

“La tenda rossa che salvò l’Amiata“ è il titolo del libro che Francesco Serafini presenterà sabato 8 agosto alle ore 18 presso il giardino di Villa Elvira in Piancastagnaio.
Sono previsti interventi di Maurizio Boldrini, Piero Fassino, Fabio Fineschi, alternati dalla lettura di alcuni brani, affidata a Paola Giglioni.

Un libro che racconta le peripezie dei disoccupati amiatini degli anni sessanta del secolo scorso che culminò con la protesta pacifica e la messa in opera della tenda alla Lizza di Siena. Serafini ripercorre quelle vicende e lo fa con documenti di archivio, di giornali e foto d’epoca nonché ricordando i nomi dei protagonisti del tempo.
“Fare memoria: non sembri questa espressione richiamare polverose biblioteche e oscuri archivi – dice Piero Fassino nella sua prefazione al libro -. No, fare memoria è una preziosa e insostituibile opera di trasmissione alle generazioni che si succedono di eventi, fatti, persone, storie individuali e collettive che anche dal passato parlano al presente. E “fare memoria” è tanto più importante nella società digitale di oggi che vive un paradosso: possediamo tecnologie digitali in grado di immagazzinare e mettere a disposizione di ognuno di noi una infinita quantità di conoscenze. E al tempo stesso la velocità del tempo reale in cui viviamo macina ogni evento in pochi istanti, al più in qualche ora, per consegnarlo rapidamente all’oblio”. E ancora aggiunge: “Una lotta i cui protagonisti sono le donne e gli uomini dell’Amiata. Gente di montagna, umile ma fiera; di modesti studi, ma ricca di sapienza popolare; forgiata da una vita quotidiana segnata dalla dura fatica della miniera o di un’agricoltura di sussistenza o dall’emigrazione in terre lontane; consapevole dei propri diritti e capace di far arrivare, con linguaggio semplice e vero, le proprie sacrosante ragioni al cuore di tanti, fino alle stanze dei palazzi gentilizi senesi, come alla borghesia riunita al teatro cittadino per celebrare Eduardo De Filippo. E capace di suscitare simpatia e adesione dei giovani e degli studenti che – anche vivendo la lotta dell’Amiata – maturano la consapevolezza che il mondo va cambiato. Sì, davvero un bellissimo libro, che ci dona uno straordinario affresco dell’Amiata, del suo popolo, delle sue genti, sollecitandoci a non dimenticare mai che senso di appartenenza, coesione e solidarietà sono valori essenziali per essere comunità, perché nessuno sia lasciato solo e nessuno si senta solo e perché ogni persona possa vivere nella dignità e nella libertà”.
Oltre a  Fassino, il libro è impreziosito dalla introduzione di Maurizio Boldrini che afferma: “gli squarci che Francesco Serafini apre sui protagonisti della lotta li tolgono dalle ammuffite carte di qualche questura: i disoccupati cronici che diventano veterani delle varie marce di protesta; i dirigenti del movimento operaio e del sindacato che mantengono sempre i nervi saldi; le comunità che hanno vite particolari come quella del Saragiolo, una frazione che, guarda caso, si trova a metà strada tra Piancastagnaio e le abetine delle miniere di mercurio. Escono, dalle pagine del libro, tanti Domenico Scardella, il mugnaio friulano, la cui storia diventa emblematica nelle pagine di Carlo Ginzburg e del suo capolavoro, Il formaggio e i vermi, il libro che è stato letto come un esempio di microstoria. Ma perché Francesco Serafini può ricordarci quei volti, quelle parole, quei comportamenti? Lo può fare perché lui è uno di loro. E loro questo lo avvertono. Lo era nello stile; lo era nella capacità di mediare rispetto a spinte diverse e spesso contraddittorie; lo era nella capacità di ascolto delle esigenze personali e delle proposte politiche; lo era nello smussare i toni di tanti, come noi, che quel movimento lo vivevano ma con una sorta di distacco, quasi più interessati a leggere ciò che stava accadendo che a parteciparvi attivamente. No: lui era uno di loro e per questo acquisisce quel tratto carismatico che gli permette di pilotare il movimento e di dare risposte concrete e riformatrici allo stesso. Il tempo può confondere e ingannare. Francesco Serafini non sta al gioco. Questo nuovo libro aggiunge una parte decisiva a chi voglia rileggere la storia della montagna e dei suoi abitanti. A chi voglia capire cos’è stata e anche cos’è ora l’Amiata. È il suo modo per combattere ancora una battaglia. Non più con i cortei, i comizi e con le lotte. Ma con la scrittura”.

Francesco Serafini, nato a Piancastagnaio nel 1947, è anch’egli figlio di un minatore. 
Ha ricoperto sin da giovane importanti cariche pubbliche, tra cui: Sindaco di Piancastagnaio (dal 1970 al 1982); Presidente della Comunità Montana dell’Amiata;  presidente del Consorzio Aree industriali Val di Paglia; consigliere e assessore alla Regione Toscana. Alle consultazioni elettorali del 8 – 9 giugno 1980 fu il primo dei non eletti nella lista del PCI nella circoscrizione di Siena. Inoltre ha svolto importanti ruoli manageriali pubblici.

“Ai temi sociali della sua montagna, ha dedicato molti dei suoi libri: “Dentro il monte” (Editori del Grifo – 1987); “Nel ventre della miniera” (Edizioni Effigi – 2005);  “Per un pugno di terra” (Edizioni Effigi – 2009); “De lo Spedaletto di Piano e altre storie” (Edizioni Effigi – 2014); “La Miniera cresceva il pane” (Edizioni Effigi – 2018). Tutti i libri scritti in collaborazione con altri: il primo, con Carlo Prezzolini, gli altri quattro con Giuseppe Sani.
Le vicende narrate in questo suo ultimo volume, “La tenda rossa che salvò l’Amiata”,  è invece autore esclusivo e anche protagonista diretto, poiché fu, all’epoca, segretario della locale sezione del PCI e membro del Comitato di agitazione che che diresse l’epica lotta degli amiatini. (fonte “La tenda rossa che salvò l’Amiata”)

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