Piancastagnaio. Nel presepe il ricordo di Don Zelio Vagaggini.

La serenità della fede traspare dall’opera realizzata da un gruppo di appassionati che ha riprodotto la Casa Famiglia della Colta, dove il sacerdote apriva le porte ai bisognosi.  Non so se sia facile per altri, so che non lo è per me parlare di Don Zelio Vagaggini, dopo più di due mesi, dal giorno della sua salita al cielo; è uno dei componenti più importanti della mia famiglia, che ho tenuto con discrezione dentro di me, lontano da eccessivi e talvolta estemporanei ricordi, cercando di godere ancora di quello che ho avuti la fortuna di ricevere in dono per sempre: la propria vita intesa come insegnamento, rispetto, sacrificio e conquista. L’occasione, il presepe allestito all’interno della Rocca di Piancastagnaio, lo splendido presepe è giusto dire, che parla di lui e la Comunità della Resurrezione, realizzato da un gruppo di volontari che hanno così pochi nomi al punto da non essere mai (o quasi) nominati; probabilmente, oltre la grande capacità e passione, è la loro forza interiore che, da anni, li porta a realizzare vere e proprie opere d’arte, così belle da essere talvolta ancor più belle della realtà. Ogni anno un angolo di Piancastagnaio è realizzato con minuziosità e accortezza di particolari, tutti  in scala; sembrano veri e propri architetti, ingegneri e sicuramente sono artisti artigiani, quasi da potergli affidare il rinnovamento completo del paese amiatino e non solo. Non c’è pietra che non venga presa in considerazione nel riprodurre gli angoli più caratteristici del paese che nel tempo sono stati per la maggior parte rappresentati, aumentando ogni volta il livello dell’ingegno e della fantasia; realtà così vere da far scomparire ogni utilizzo di strumentazione digitale. Quest’anno la dedica è dunque di quelle che non possono che muovere le sensazioni e i sentimenti profondi di chi osserva; il presepe racconta della “Colta”, l’area ai bordi del paese, voluta e realizzata da Don Zelio Vagaggini, con l’aiuto della comunità; un luogo di incontro tra la misericordia e l’amore per il prossimo bisognoso ma anche per gli uomini di buona volontà che lì vivono o aiutano. Un luogo talmente vero da essere quasi spirito purificatore. Il rischio personale che so di correre, è quello di essere oltremodo coinvolto, dinanzi a questa splendida riproduzione di uno dei luoghi più cari ai pianesi e a me stesso, che osservo e provo a fotografare emozionato; ma ci provo, forse basta scrivere semplicemente di quel che osservo: un’opera d’arte ricca di manufatti in scala, riprodotti fedelmente. Ecco la casina di legno, l’originario podere ristrutturato, le cucine, la zona dedicata all’ospitalità dei bisognosi, il semplice giardino, il bosco al confine e la camera dove ho stretto la mano dello zio fino a pochi minuti prima si addormentasse. Quel che mi arriva è la serenità di questo presepe che quasi si rende e tutto rende etereo, leggero e allo stesso tempo presente nell’anima di chi lo osserva, come a respirare e a capire proprio quel che Don Zelio cercava e voleva, dove l’uomo e il sacerdote erano unisono nella loro più vera realizzazione, lontano dalle opportunità e le richieste ecclesiastiche. Nel presepe, che cambia luci e suoni seguendo il giorno e la stella cometa, sullo sfondo la scalinata della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, proprio quella chiesa dove quel 7 Ottobre del 1962, Don Zelio Vagaggini fu parroco per la prima volta; una scalinata che è salita dolce e meritata al cielo, che si illumina di notte come fosse luce guida, con l’uomo sacerdote che è al centro del presepe con accanto la figura di un giovane con il testo sacro che tiene per mano e stringe al petto. Un sacerdote al centro della scena sembrerebbe, come a guardare e a inventare il visitatore e, alle sue spalle, la salita al cielo dell’anima; forse gli autori lo vedono sempre al centro della vita della comunità di Piancastagnaio, un perno dove molto ancora gira nel senso più etico del termine, mosso dalla forza di Dio e della fede dell’uomo. Avevo timore egoistico di visitare il presepe, ma l’ho fatto attingendo quel che ancora occorre al mio corpo e al mio spirito bisognoso: la presenza di un uomo che rimane dentro di me e i miei cari. Per questo ringrazio gli autori di questa magnifica rappresentazione: Walter, Romeo, Giuseppe, Pietro e il supporto tecnico di Luciano. Il loro lavoro è insegnamento perché queste riproduzioni sono anche scuola a chi osserva, sono conoscenza, cultura e storia e testimonianza della grande capacità dell’artigiano pianese e della sua inventiva. Grazie. [gallery columns="7" link="file" ids="37703,37702,37701,37700,37699,37698,37697,37696,37695,37694,37693,37692,37691,37690"]]]>

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