L’artista senese torna a Piancastagnaio dopo cinque anni. L’opera dedicata ai Carmelitani Scalzi, tra simbologie ricche di significato. Il Monte Carmelo e l’Amiata, giardini protetti dalla mano del Signore. Il sindaco Luigi Vagaggini ha commissionato all’artista senese il Palio 2016. Un Cupello ricco di significati, quello che Cecilia Rigacci ha realizzato per il Palio di Piancastagnaio 2015. L’artista senese torna sull’Amiata dopo cinque anni, suo il Cupello 2010 vinto dalla Contrada del Coro, con un’opera che racchiude in se la sensibilità, la preparazione, l’atteggiamento e l’umiltà di un’artista che si è mostrata pubblicamente emozionata, quasi nascosta in un Teatro Comunale in festa. Se penso ai tre lustri passati, quando l’idea condivisa con l’amico Marco Bagno, portò all’istituzione del Cupello come riconoscimento al comportamento delle Contrade durante il corteo storico e nei giorni del Palio, oggi, con le parole e l’opera di Cecilia Rigacci, ne raccolgo finalmente e con gioia i risultati. Finalmente, si, finalmente: lo ripeto e lo ripeterò ancora. Finalmente un chiaro riferimento ai motivi ed alla gente della Festa, ai Padri Carmelitani Carlo ed Eliseo Fratini, a chi non ha ricreato una rievocazione come molti cercano ancor oggi di fare, ma a chi ha voluto ringraziare la Madonna di San Pietro posta nel Santuario dell’Amiata. Che mi venga a mente, nessun artista, nessun oratore, aveva ricordato in questa maniera la centralità della Festa, il ringraziamento appunto, tutta nell’ossequiare e non nel rievocare. Finalmente un’artista che parla della terra che l’ha ospitata per divenirne parte. Finalmente un’opera ricca di simboli dal significato reale e non astratto. Due monti, il Carmelo e l’Amiata, giardini da coltivare e proteggere, la “mano” del Creatore che si ritrova nell’opera dei Carmelitani Scalzi, a cui il Cupello è dedicato. Una protettrice ed accogliente, a sostenere e ad accarezzare i popoli delle Contrade di Piancastagnaio, fiori di una terra rigogliosa e santa. Riprendiamo le parole di Cecilia Rigacci, durante la presentazione del Cupello.
Il Cupello pensato per il Palio di quest’anno, vuole essere un’opera molto semplice ed essenziale, ma non meno ricca di significato. Nasce infatti dall’idea di celebrare l’appartenenza all’Ordine dei Carmelitani Scalzi di Padre Carlo Fratini, grazie al quale, nel 1952, fu ripristinata l’antica Festa della Madonna di San Pietro del 18 di Agosto, con la partecipazione degli antichi terzieri che ormai si chiamavano Contrade: Castello, Borgo, Voltaia a cui si aggiunse il Coro (l’antico Stretto). Con il suo intervento prima e quello successivo del fratello Padre Eliseo Fratini, profondamente devoti alla Madonna di San Pietro, che con la corsa dei cavalli riprese ed inizio il moderno Palio pianese. Padre Carlo dunque apparteneva al noto ordine dei Carmelitani Scalzi. La parola “Carmelo”, deriva dall’ebraico “Karmel”, la cui radice “karm”(kerem), significa propriamente “giardino”, “vigna”, “frutteto”, con la desinenza “el” che indica il nome di Dio significa propriamente “Giardino dell’Altissimo”, “Giardino del Signore”. Quel monte famoso e citato così tante volte nel testo biblico, in primavera si ricopre di mille fior profumati; alle radici del monte crescono il mirto, il lauro, l’olivo; più in alto il pino e la quercia; le pendici del Carmelo sono ricoperte di ogni sorta di elci ed arbusti di basso fusto. La maggior parte delle duemilacinquecento specie di piante, di cui è ricca la flora palestinese, si trova sul Carmelo. Per questa fertilità, per gli scrittori sacri e per gli ispirati dal Cielo, divenne simbolo di grazia e prosperità. Una natura rigogliosa quella di questo Monte, natura che è desiderosa di essere curata e ordinata secondo bellezza e perfezione. Ecco allora che ho scelto di assemblare insieme al Cupello una mano verde, ispirandomi alla tradizione Ebraica e al nome dell’antico Monte Carmelo. Ho voluto richiamare l’idea della mano di Dio che è veramente quella che insegna e insegnerà a coltivare il terreno interiore, non meno importante delle cose esteriori. Lavorare la terra del nostro Giardino interiore, significa farla diventare da informe qual è spesso, a ordinato e perfetto giardino. Non a caso in alcune cattedrali del Nord Europa (in particolare quella di Vezelay) hanno scolpito il Cristo come un giardiniere con tanto di attrezzi, pronto a curare e a seminare la parola feconda di perfezione e sviluppo spirituale. Dicevo la mano del Giardiniere; la mano del Signore è la stessa che accoglie nel mio immaginario artistico le quattro Contrade di Piancastagnaio poiché è salda e forte in loro la devozione alla Vergine Maria, testimoniata da questo Palio. Nella tradizione Kabbalistica di Israele conosciuta dai Profeti della Giudea che proprio sul Monte Carmelo si rifugiavano in contemplazione di Dio, si diceva che il nome del Signore Jhave’ fosse contenuto per intero (sunto) già nella prima lettera dello stesso, ovvero la lettera Yod, una lettera ebraica che ha un significato preciso: “mano”. Un’allusione forse al fatto che la Creazione è opera della “mano perfetta di Dio”. Nel palmo di questa divina protezione, stanno i quatro fiori in ceramica bianca formati da quattro petali dipinti, a ricordare non tanto la belle zza floreale, quanto l’essenza del fiore, il profumo, la fragranza. Così vedo le Contrade di Piancastagnaio, essenze diverse, distinte, ma pur sempre il germoglio più rigoglioso di un Monte Amiata che sembra sempre, per pace e bellezza, toccato dalla mano di Dio. Il Cupello si sostanzia in un piatto d’argento di fine ‘800, sagomato in bordo nel quale ho inciso, secondo la classica tecnica dell’incisione a mano, gli stemmi del Comune di Piancastagnaio e del Magistrato delle Contrade assieme alla scritta “Cupello 2015”, definendo le incisioni stesse con pigmento e cera che meglio le risalta. La mano, costruita con un ricco intreccio di filo di acciaio e rame cromato, poggia su un supporto di fine cartapesta rivestita di carta dipinta a mano, secondo l’uso tipico dei monasteri che realizzavano, nello stesso modo, coreografie altari, le custodie di arredi sacre.Bene ha fatto il Sindaco di Piancastagnaio Luigi Vagaggini ad affidare a Cecilia Rigacci, il Palio 2016. Una scelta che ha sorpreso visibilmente la pittrice senese, ma che è sembrato un gesto di riconoscenza alle qualità ed al dono artistico di una donna che ben ha compreso la nostra terra, alla sua preparazione ed al suo modo di porsi. Quando, in un’intervista, ho chiesto a Cecilia, cosa ne pensasse di questo incarico, la stessa mi ha parlato della responsabilità di dipingere il panno, come ha fatto quest’anno Paolo Borghi, uno di quegli artisti che arricchiscono la Festa ed il Palio dandone valore assoluto. Cecilia mi ha parlato degli altri, non di lei. Questo basta: sono già nell’attesa. Un Cupello che si affianca al Palio nell’essenza del messaggio, che è tutto nella forza e nella protezione della Madonna e dei suoi figli, fanciulli e Salvatori nel Palio, servitori e fedeli nel Cupello. Quasi un passaggio scritto da un fato mistico, tra le opere e le persone.]]>