Amiatanews: Piancastagnaio 18/07/2019
Ancora una scelta di grande valore artistico e legame con il territorio da parte dellìAmministrazione Comunale.
L’incarico al noto fumettista (famosissimo il suo personaggio “Bobo”), vignettista e anche regista, nativo di Piancastagnaio, era già nell’aria e da ritenersi pressoché certa, anche se ne mancava l’ufficialità, giunta questa mattina direttamente dal Sindaco Luigi Vagaggini e l’Assessore alla Cultura Roberta Sancasciani e dal Rettore del Magistrato delle Contrade Alessandro Bocchi.
Una conferma accompagnata dalle prime parole del maestro Staino che così ha voluto commentare l’incarico in un intimo ripercorrere i suoi primi anni di vita a Piancastagnaio, dove nacque nel 1940, quando il babbo Giovanni Staino, era aggregato alla stazione Carabinieri di Piancastagnaio.
«In quei primi giorni di giugno del 1940 il tempo, come si diceva allora parlando di partorienti, era finito – ricorda Sergio Staino – . Erano giorni silenziosi e pieni di angoscia, mi dicono, perché ormai correva la voce che entro assai poco l’Italia sarebbe entrata in guerra. Mio padre era già stato messo sull’avviso: tenersi pronto alla partenza, giusto nel momento in cui stava nascendo il suo primo figlio. “Fai presto” diceva a mia madre, “spingi… non farmi partire senza sapere se almeno è maschio o femmina”. Anche la levatrice ce la metteva tutta sottoponendo mia madre a massaggi che, secondo lei avrebbero accelerato l’uscita del marmocchio. Il “marmocchio” uscì alla luce del sole il sabato 8 giugno e, due giorni dopo, lunedì, il carabiniere a piedi Giovanni Staino, aggregato alla stazione Carabinieri di Piancastagnaio, partì per Firenze per raggiungere la divisione “Venezia” e spostarsi al più presto al confine con la Francia».
«Giusto il tempo di annusarmi, di congratularsi con mia madre per la bravura di aver fatto un maschio e di correre in municipio per annunciare che era nato un altro portatore di baionette – prosegue nel ricordo Staino – . Avrei dovuto chiamarmi Antonio, come la tradizione familiare imponeva, essendo Antonio il nome del nonno paterno ma, preso da tenerezza verso mia madre (cosa strana, direbbe lei) acconsentì a darmi come primo nome quello scelto da lei all’indomani della commovente visione del film “Anna Karenina” con Greta Garbo. Fu così che all’anagrafe di Piancastagnaio ancora oggi compaio con il nome di Sergio, come secondo nome Antonio e, vista la coincidenza, come terzo nome Guerriero».
«Rivedrò mio padre nel 1944 e, poco dopo il suo ritorno, la famigliola lascerà Piancastagnaio per tornare in una Firenze appena liberata – prosegue l’artista – . In pratica sono vissuto quattro anni solo con la mamma. Sì, ogni tanto veniva il nonno Ottavio da Firenze, a volte anche la nonna Pia, ma sostanzialmente eravamo quasi sempre soli io e lei. In pratica avevo quella situazione di immensa felicità per un neonato di avere una mamma a disposizione 24 ore su 24. Mi lavava, mi cambiava, mi nutriva e, soprattutto, giocava tantissimo con me. Di giocattoli non ne avevamo molti però in compenso c’erano alcuni libri illustrati, una decina in tutto, tre o quattro di fiabe classiche, alcuni racconti della Biblioteca delle Giovinette edizioni Salani e, soprattutto, un meraviglioso Pinocchio illustrato. Tutto questo era il mio meraviglioso archivio di immagini e passavo ore ed ore ad osservarle, studiandone ogni particolare. Appena ebbi la forza di tenere una matita in mano mia mamma ebbe la bella idea di aiutarmi a ridisegnare quelle forme che mi emozionavano tanto. E’ stato lì, in quel piccolo appartamento di quel piccolo paese minerario che pareva lontano dal mondo che il disegno è entrato dentro di me diventando un tutt’uno con la mia anima».
«Oggi alle soglie degli ottant’anni sono grato al mio paese che offrendomi di disegnare il palio di quest’anno mi dà la possibilità di ritornare a quei giorni e rivivere quelle emozioni. Mi diverte l’idea di un vecchio comunista pieno di errori e di dubbi ma sempre fortemente laico da esser persino nominato presidente onorario dell’Unione Atei italiani, che si mette a disegnare una madonna, la Madonna di San Pietro, dolce, sorridente, e con un bimbo felice e gioioso che agita (oddìo, no!) una matita» conclude il maestro Sergio Staino.
Una scelta importante che contribuisce a dare prestigio a un vero percorso storico e non a una rievocazione, in un anno che si propone vigilia di importanti cambiamenti.
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