L’UO Chirurgia, diretta dal dottor Alessandro Bianchi, si è dotata della tecnologia grazie alla quale è possibile occludere i grossi tronchi venosi dove il sangue non defluisce correttamente, causa di vene varicose. L’offerta chirurgica del presidio ospedaliero di Campostaggia si arricchisce di una nuova tecnica mininvasiva per il trattamento delle varici degli arti inferiori, dimostrandosi al passo con i tempi grazie all’impegno dei professionisti dedicati ad assistenza e cura che vi lavorano. Da alcuni mesi infatti l’UO Chirurgia, diretta dal dottor Alessandro Bianchi, si è dotata della tecnologia per la ablazione endovascolare con radiofrequenza, grazie alla quale è possibile occludere i grossi tronchi venosi dove il sangue non defluisce correttamente, causa di vene varicose. “L’intervento – spiega il dottor Giampaolo Sozio, responsabile della sezione Day Surgery – prevede l’inserimento di un microcatetere direttamente all’interno della vena da trattare. Una volta raggiunta la posizione pianificata, la sonda emette un’onda energetica (radiofrequenza) che provoca la chiusura della vena malata, escludendola dalla circolazione. La procedura è totalmente ecoguidata per permettere il posizionamento corretto del catetere e controllare in tempo reale tutte le fasi dell’intervento”. La procedura viene eseguita in anestesia locale, con tecnica “per tumescenza” e cioè condotta attraverso l’infiltrazione dei tessuti sottocutanei, disposti accanto alla vena da trattare, con una soluzione anestetica fredda, che oltre a determinare la completa assenza di dolore durante la procedura, esercita un’azione protettiva dei tessuti e della pelle circostanti. L’obiettivo della terapia endovascolare non è solo la soluzione definitiva al problema varici in breve tempo, ma anche la sensazione di comfort che il paziente avverte rispetto alla chirurgia tradizionale. Ad esempio l’ablazione endovascolare della safena presenta numerosi vantaggi rispetto all’intervento classico: in particolare non viene più praticata un’anestesia spinale, né viene più eseguito l’accesso chirurgico alla safena con conseguente ferita inguinale; a questo si aggiunge la drastica riduzione delle contusioni post operatorie, tipiche dell’asportazione safenica tradizionale. Tutto questo si traduce in un decorso postoperatorio più rapido, indolore, meno esposto a eventuali infezioni e che consente un’efficace e rapida ripresa delle attività quotidiane. Sono pochi i casi in cui il trattamento delle vene varicose risulta controindicato con le tecniche mininvasive: in questi casi la valutazione ecocolordoppler preoperatoria consente di scegliere la strategia chirurgica alternativa migliore per risolvere la malattia con il minore disagio per il paziente
Fonti. Comunicato Stampa Siena – USL Sud Est Toscana 20/04/2018]]>