Quando viene meglio fare peggio. Analizzando questo periodo di quarantena

Amiatanews (Elena Lorenzini): Siena 27/03/2020
La pandemia sotto l’aspetto psicologico

Di Elena Lorenzini

Oggi trattiamo l’argomento della pandemia, ponendo l‘attenzione sull’aspetto psicologico.
Credo che possiamo dividere queste settimane che sono passate e le prossime a venire, in tre fasi di reazione al dilagare del virus COVID -19.
La prima fase è stata quella dell’inizio dell’emergenza e dell’attenzione al problema che definirei “ la superficialità e l’incomprensione”, durante la quale le persone hanno iniziato a prendere consapevolezza che esisteva una nuova situazione e che il contagio non poteva essere vissuto come una semplice “influenza”. Da questo momento le persone hanno iniziato pian piano a cambiare le proprie abitudini, ad evitare i posti affollati, a seguire le indicazioni date (lavarsi le mani, mantenere la distanza, etc. etc.), ma spesso in modo scoordinato e a volte facendo cose rischiose (frequentando eventi affollati, creando assembramenti).
Successivamente è arrivata la seconda fase che chiamo “la reclusione temporanea” che è iniziata quando l’Italia è divenuta prima zona arancione e poi zona rossa. Il mood di questo periodo è stato ed è simboleggiato dall’hashtag #iorestoacasa.  Poco alla volta, tutti si sono adeguati a restare fra le mura domestiche e sono iniziati i flashmoob di cantanti e artisti che esortavano le persone a mettersi alla finestra o nei terrazzi a cantare e suonare, per sentirsi nuovamente uniti pur evitando di uscire. Effettivamente molte persone hanno aderito a queste iniziative. Questo fenomeno di gruppo e sociale è spiegabile con la reattanza psicologica (reactance), parola utilizzata per descrivere una particolare forma di reazione alle regole che limitano la nostra libertà di azione. La teoria della reattanza psicologica si riferisce all’idea che nelle situazioni in cui le libertà individuali sono ridotte o a rischio di riduzione, le persone sembrano motivate a riconquistare tali libertà.
Cioè, quando ci viene detto che cosa fare o non fare, una parte di noi è spinta a fare il contrario. Quindi se viene chiesto di stare in casa, le persone cercano di riconquistare la propria libertà, andando in parte contro il divieto, ad esempio stando nel terrazzo a cantare o a suonare.

Durante la seconda fase, dal punto di vista psicologico la gente dopo un primo momento di trauma e di rifiuto della situazione, ha iniziato ad accettare la sensazione di solitudine e di vuoto dato dall’assenza del lavoro e della socialità. Si è in altre parole abituata, al venire meno di routine acquisite nel tempo, che tranquillizzano e danno sicurezza. Le regole imposte sono state accettate e ognuno ha iniziato a dedicarsi ad hobby o a sistemare la casa.

Ora stiamo per entrare nella terza fase che chiamerò “incertezza e smarrimento” perché stiamo comprendendo che la soluzione al problema è ancora molto lontana e non torneremo a breve alle nostre vite di sempre.
In questo momento, le persone hanno timore per le ripercussioni che l’isolamento può avere per la propria salute mentale ed hanno paura che il periodo di reclusione si possa protrarre per un altro mese. Un recentissimo studio di Harvard sullo stato mentale delle persone durante il COVID -19, evidenzia che fra gli uomini e le donne le paure più frequenti siano: l’aumento dei conflitti familiari, la crescita di ansia, stress, noia, il timore di perdere il lavoro, la paure di separarsi dal coniuge, timore di aumento delle violenze domestiche.
Per superare al meglio questa terza fase, nella quale ci verrà chiesto di stare ulteriormente a casa, dovremo sforzarci ancora di più di prima di fare attività fisica e utilizzare la tecnologia per aumentare le interazioni sociali, magari trasformando la socialità da fisica a virtuale ( es. aperitivi di gruppo, video chiamate, chat). Ricordiamoci che, come diceva Aristotele, siamo animali sociali e non possiamo e non dobbiamo, sopprimere le relazioni. Altre possibili attività da fare in questa fase sono anche il promuovere il più possibile la lettura e svolgere tutte quelle azioni che ci ridiano, per quanto possibile un senso di normalità e quotidianità. Quindi chi si occupa di salute e benessere, avrà il compito non solo di fare in modo che le persone restino a casa, ma dovrà mettere in campo delle strategie tese ad evitare che la forzata cattività induca nelle persone un senso di alienazione, motivandole a dedicarsi a progetti, idee o attività. Infine una cosa importante da tenere presente è che, anche se siamo chiusi in casa da disposizioni di legge e divieti di spostamento, abbiamo sempre il massimo potere di decidere cosa fare in queste settimane e quindi possiamo decidere come impiegare al meglio questi giorni di ritiro forzato, dando un ulteriore senso di scopo alla quarantena, che non sia il semplice non abbandonare la propria abitazione. Un ultimo consiglio che mi sento di dare e far presente che a volte quando siamo tristi e senza una prospettiva futura “viene meglio fare peggio” (es. buttarsi giù, non dedicarsi a se stessi, lamentarsi, etc.), pur sapendo che questa modalità magari, in tempi normali non ci appartiene. A maggior ragione, occorre stare attenti a non sprecare tempo. Pensiamo sempre a come ottenere il meglio con quello che abbiamo, sarà sicuramente del tempo guadagnato, che ci aiuterà a stare meglio e aumenterà la nostra autostima.

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