Redazione. Amiata: tra il piangere ed il ridere, meglio l'ironia (greca).

Non ci sono altre soluzioni, altre opportunità, se non il fare assieme. Sarebbe il primo cambiamento. Ogni frana, ogni ponte, ogni geotermia, ogni crisi smetterebbe di alimentarsi e di alimentare. Si perché il piangere, rischia di far divenire patetica un’intera comunità mentre, col ridere, sembrerebbe la stessa ci scherzi su. Con l’ironia, un pochino…tutto s’aggiusta, un po’ come le strade, i ponti, le buche, le frane, gli argini dei fiumi, i boschi tagliati e i camini che svaporeggiano, giusto per regalare elettricità e vapore ad altri, che poi, son sempre i soliti lasciando, accesi, nel frattempo, migliaia di bruciatori a gasolio nel bel pieno della “green economy” e degli “accordi” di Kyoto. Certo è, che questo lembo toscano, ambito soggetto di fotografi che lo ammirano ergere dal placido mare della Val d’Orcia, uno dei siti UNESCO più famosi del “bel paese”, ma anche oggetto di politicanti in perenne campagna elettorale, è ormai, più che un isola, un… isolamento. Così come testimoniato dal “collage” apparso su Facebook quest’oggi, che, tra l’ironia di nomignoli dati e la realtà delle immagini fotografiche, riassume bene la situazione ad oggi in provincia di Siena, tra l’Amiata e la Val d’Orcia: collage_grande “L’andazzo”, è quello di dover ripensare le parole di due grandi dell’anima, che, sull’Amiata ed all’Amiata, han dedicato vita e pensieri partecipati, come Padre Ernesto Balducci e Mario Luzi: “Un’isola sulla terra ferma”, quelle del primo; “Una straordinaria Epifania”, le parole del secondo. Solo pensando ai dissesti delle vie di comunicazione dovuti alle frane, mi verrebbe ben poco da ironizzare, appunto, al pensare di come l’inutilità e l’incapacità di alcuni uomini, per decenni, abbia cambiato, nel tempo, così alti pensieri, trasformandoli e riscrivendoli, con… “Un’isola sulla frana” e “Un misero Inferno”. Uomini lontani, in dominio sui vicini, che son riusciti, nel meschino profittevole lavoro di distruzione, a cambiare paesaggi, economie, colori, profumi e la dignità di comunità uniche. Contare le strade in dissesto, le frane, i disservizi, l’inadeguatezza del trasporto pubblico e di molti servizi, le aziende in crisi, i pozzi geotermici ed i costi a sostenere, per non parlare di quelli che cittadini ed imprese sono costretti a spendere in più, sarebbe non solo complicato, ma altrettanto inutile. La cifra ci cambierebbe sotto i piedi, come una …frana; appunto. Ma, ironicamente, “franare” è anche bello… e poi come si dice: “sei una frana!” e lo si dice, quasi a simpatia dello sbaglio o incapacità altrui. Ganzo no?!? E qui mi fermo, prima di fare una “passeggiata” nella ciclabile o pedonabile (?), tra Piancastagnaio ed Abbadia S. Salvatore… E’ così di troppo cercare il coraggio di chiedere scusa e di farsi da parte, liberandosi da posizioni oscure? E’ così di troppo cercare il coraggio dell’errore? Basterebbe alla bontà di chi continua a subire… Con un “Sei una frana…”, tutto passerebbe. Oggi, gli uomini nuovi col ruolo del governo e della cura, ricordino e riportino la sacralità dell’Amiata, dove la vetta e la sua croce siano il simbolo dell’abbraccio, di un’isola ambita, il faro di un approdo sicuro ed ispirato. Non ci sono altre soluzioni, altre opportunità se non il fare assieme. Ogni frana, ogni ponte, ogni geotermia, ogni crisi smetterebbe di alimentarsi per alimentare. Cambiamo questo dormitorio groviera, vate di spirazioni per diatribe, coltivatore di orticelli sempre più piccini e costruttore di mura berlinesi a protezione, valli a discarica e mercante di aree agricole svendute per stringere gli spazi vitali ad imprenditori e cittadini. Certo, non solo i governi a dire il vero. Anche la protesta, dovrebbe metterci del suo; il rischio è quello di personalizzare argomenti puntando sempre sul “contro” e non sull’ “incontro”. Non si può sempre volere ragione perché la si pensa diversamente o solamente perché si sceglie una diversa partecipazione. Dobbiamo imparare dal silenzio di coloro che lavorano, credono e fanno molto più di quel che possa sembrare. L’ironia, dicevo all’inizio; che poi a scrivere, non c’è nemmeno quella voluta, perché, mi accorgo divenuta greca, assumendo la forma di un’ironia tragica, presagio a catastrofe imminente. Penso allora, per romanzarla un pochino, al buon Camilleri, di casa sull’Amiata, ed al suo amato commissario, come ad una sorta di copione teatrale; ed il teatro c’è.]]>

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