Redazione. La "notte" delle Foibe

Redazione. La “notte” delle Foibe Credo non possa esserci il “giorno a ricordo” per le foibe, finché non ci sarà luce vera a far divenire giorno, la notte ancora presente. Riprendo una lirica di Giovanni Teresi, aspettando la luce ed il coraggio dell’alba di chi ancora non vuole il vero giorno. Ho potuto solamente vedere i luoghi, la scura terra e forse gli occhi e la croce d’argento assieme alle grida.

La scura terra ha assorbito il pianto, la pioggia ha lavato il sangue, i corpi esanimi giacciono rannicchiati nella fossa di terra. Tutto è fermo al grido di dolore. Delle mani stringono le zolle, le robe inzuppate e sporche. Gli occhi sono fermi all’ultima luce, atterriti dall’inumano destino. Tutto è fermo nell’ora della morte. Le mani assassine bruceranno in eterno! Tra le membra e le corde una piccola croce d’argento brilla… nella pietà eterna il grido di dolore è spento, è fuori dalla fossa, è nell’amore dell’Eterno. Giovanni Teresi   basovizza_leganazionaletrieste-400x300      foibe1
Da “La Storia siamo noi” – “La strage dimenticata” (RAI Storaia) una breve spigazione su cosa siano le foibe ed il contesto storico dell’eccidio ed il video. Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo. È in quelle voragini dell’istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano ‘nemici del popolo? Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce. Nel febbraio del 1947 l’italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l’istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell’uRSS, in cui si è realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere l’argomento nel disinteresse. Come ricorda lo storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati ‘cittadini di serie B?, e non approfondisce la tragedia delle foibe. I neofascisti, d’altra parte, non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle terre sono state sotto l’occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco. Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta ‘perché, ricorda ancora Sabbatucci, è stata ignorata per molto tempo?. Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del ricordo ai morti nelle foibe. Inizia oggi l’elaborazione di una delle pagine più angoscianti della nostra storia. Una serie di video a documentazione ripresi dal sito RAI Storia  ]]>

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