Amiatanews: Siena 29/04/2020
Fra pochi giorni inizierà la Fase due, conversiamo con la psicoterapeuta Elena Lorenzini per riflettere sulle settimane appena passate e quelle a venire.
Dal punto di vista emotivo come stiamo giungendo alla Fase2?
Da quello che leggo e dalle persone che seguo in terapia ritengo che ormai la popolazione si divida fra coloro che sono ancora traumatizzati ed hanno paura del contagio e coloro che non riescono più a sostenere questa situazione di reclusione. Purtroppo non credo che con il quattro maggio risolveremo tutti nostri problemi, ma piuttosto dovremo imparare a fare i conti con questa nuova realtà dura e incredibile, che ci sta colpendo e, quindi, imparare a modificare le nostre abitudini; anche il rientro alla realtà e alla quotidianità sarà molto doloroso, perché purtroppo non sarà più possibile andare a prendere un caffè, fare shopping o comprare una banale lavastoviglie nel modo e con la normale tranquillità e leggerezza che abbiamo avuto fino a pochi mesi fa.
In queste settimane chi è stato maggiormente lasciato indietro?
Purtroppo in questa fase di emergenza sono passati in secondo piano i bambini, gli adolescenti, i disabili, gli anziani, alla cui salvaguardia sanitaria si è provveduto attraverso il distanziamento sociale o comunque cercando di non farli infettare con una limitazione dei rapporti umani; tuttavia questo ha comportato un completo disinteresse verso gli aspetti psicologici e, conseguentemente, sociali che tale tipo di isolamento ha provocato. E’ un po’ come se ad una persona che ha una malattia tumorale venissero fornite le migliori cure del mondo, senza preoccuparsi o pensare che questa possa avere dei cedimenti dal punto di vista psicologico.
Fra le categorie abbandonate a se stesse ci sono, ad esempio, le donne in gravidanza e le neo mamme che, da una situazione di “normale” iperprotezione dovuta al loro stato, si sono trovate private degli affetti e di tutte quelle attenzioni che in una fase così delicata della vita paiono generalmente indispensabili. In questo particolare momento non si è pensato al rischio a cui si espone una neo mamma che, contro la propria volontà si vede esclusa da quelle attenzioni e quel supporto che ad esempio una nonna, non solo in quanto madre ma anche come figura femminile, come donna di riferimento, può ricoprire. Così molte madri si sono ritrovate in casa da sole a gestire i propri dubbi e le paure.
E’ vero che la quarantena e la pandemia da Covid ci sta facendo diventare più cattivi?
Sono convinta che questa situazione non ci renderà peggiori o migliori, ma enfatizzerà solo aspetti di noi che già erano presenti nel nostro modo di essere. E quindi la persona solidale lo sarà ancora di più: un esempio è dato dalle persone che si sono prestate a fare volontariato avendo più tempo a disposizione (portare la spesa a casa, gli psicologi che gratuitamente si sono dedicati agli altri, le associazioni di volontariato etc). Parallelamente, però, le persone egoiste e che non vendono più in là del proprio naso tenderanno a diventare più aggressive, con il rischio che il loro confine psicologico e del loro ego sconfini restringendo lo spazio dell’altro, un esempio sono i delatori.
Ci spieghi meglio chi sono i delatori, che ogni tanto sentiamo nominare?
Il vocabolario Treccani definisce i delatori “chi per lucro, per vendetta, per servilismo, denunzia segretamente altri a una autorità, spec. giudiziaria, militare o politica.” In questo periodo storico, oltre all’epidemia da contagio, vi è l’epidemia delle segnalazioni e chiamate ai carabinieri per denunciare chi sgarra alla quarantena. La polizia italiana, ma anche quella di altri paesi, ha avuto un incremento esponenziale di telefonate per avvisare che il vicino era uscito con il cane, per dire che in fila al supermarket c’erano due persone che si salutavano o che nel giardino del vicino due persone parlavano fuori casa. Diciamo che molte persone si stanno trasformando nello sceriffo del distanziamento sociale. La situazione sta così degenerando che a Londra il questore Stansfeld ha supplicato i londinesi di fare i delatori solo per casi eccezionali e per il resto cercare di essere “ragionevoli e amichevoli con i propri vicini”.
Perché le persone si comportano da “spione”?
Principalmente per due motivi: perché non credono e non si fidano dell’efficienza dello Stato e perché, come spiega la teoria dello psicologo neozelandese Ian de Terte, le persone “fanno la spia” non per il bene degli altri ma per una paura personale; molti pensano che il runner o la persona che passeggia da sola nella strada aumenterà il loro periodo di lockdown e quindi il runner o il bambino o la persona che parla al telefono in strada diventa il nemico dal quale difendersi. Purtroppo l’uomo tende a cercare il nemico che nella corso storia è stato il diverso, lo straniero, il terrorista, la persona che veniva dal sud; ora abbiamo due “nemici”: l’infetto e quello che secondo noi non segue il distanziamento sociale e sta a 1,50 invece che a 1,80 metri.
Diciamo che per alcuni il diventare dei “bigotti del distanziamento” sociale serve ad accettare meglio i sacrifici dello stare in casa e magari aiuta alcune persone a gestire la paura, perché è più facile incolpare chi non fa quello che deve, piuttosto che incolpare delle proprie sventure un virus tanto piccolo, tanto micidiale che non possiamo vedere. Diciamo che la persona che cammina la vedi, ti ci puoi scontrare, litigare, dirle che è “cattivo e incosciente” e ci puoi parlare, con il virus no.
Secondo lei, questo fenomeno potrebbe durare anche dopo il lockdown?
Purtroppo se alcuni pensano di sconfiggere il Covid “denunciando”, penso di sì. Purtroppo la diffidenza che si crea nei confronti dell’altro, chiunque esso sia, non svanisce in un giorno.
Per concludere cosa possiamo consigliare alle persone per prepararsi alle prossime settimane ?
Il consiglio per gli “sceriffi di quartiere” è quello di ragionare, riflettere e pensare prima di denunciare qualcuno, perché la denuncia è un atto importante e va fatto con il senso di giustizia e non di rabbia. Allo stesso tempo ritengo che possa avere anche un risvolto positivo questo ritrovato spirito di legalità, che spero porti ad un rinnovato spirito sociale; mi auguro che le persone non si voltino più dall’altra parte quando sentono i vicini che urlano o una donna che viene picchiata o una persona derubata o quando ci sarà da prendere coraggio e fare la propria parte da cittadino onesto e solidale denunciando un crimine, aiutando “l’altro” e mettendoci la faccia a processo.
Mentre per tutti coloro che si occupano solo di fare il proprio dovere e pensano a vivere bene la propria vita nella difficoltà del momento, spero che riescano a convivere con gli altri con un maggiore senso di solidarietà e vicinanza che ci permette di tollerare anche i limiti dell’altro.
Le persone che riusciranno più facilmente ad uscire da questa impasse che rende immobili fisicamente e mentalmente, saranno coloro che avranno la capacità di ridarsi un progetto personale e ritornare così ad essere attivi per sé stessi organizzandosi per il ritorno alla vita e occupandosi di cose positive che non generano pensieri negativi che tendono solo a far stare male ed incattivire.