Domani, Sabato 10 Novembre “La proposta di legge che porta la firma del Senatore leghista Pillon – dichiara il sindacato – è diretta a scardinare l’impianto legislativo attuale che delega al giudice la ricerca del giusto equilibrio degli interessi di tutti i membri della famiglia in crisi, nel rispetto del preminente interesse morale e materiale dei figli minori di età. Un ritorno al passato che aumenterà le discriminazioni e contro il quale dobbiamo opporci con determinazione, per tutelare libertà, benessere e diritti di tutti i soggetti coinvolti: madri, padri e figli”. “Il DDL – spiega la CGIL – prescrive la mediazione familiare a pagamento prima della presentazione dell’istanza di separazione/divorzio. L’obbligo di mediazione impone ad esempio alla donna vittima di violenza domestica di comunicare al maltrattante la sua intenzione di interrompere la relazione ed è risaputo che questo è il momento di maggior rischio; è per questo motivo che la mediazione è vietata dall’art. 48 della Convenzione di Istanbul”. “La proposta di legge impone poi ai figli il doppio domicilio – prosegue il sindacato – e il trascorrere almeno 12 giorni al mese con ciascun genitore, a prescindere dalle esigenze e dall’età; inoltre punisce il figlio che manifesta rifiuto verso un genitore, fino al punto da essere prelevato con la forza da casa e collocato presso un’altra struttura. Infine obbliga la coppia a redigere un piano genitoriale riguardante ogni aspetto della vita del figlio: le eventuali modifiche potranno essere effettuate sempre e solo con la mediazione familiare, con quindi altri costi. Il minore non potrà mantenere il luogo di vita in cui è prevalentemente cresciuto, dato che è previsto il pagamento dell’affitto a prezzo di mercato al genitore proprietario dell’abitazione in cui la famiglia viveva o di un indennizzo se la casa è in comproprietà. Ciò peserà maggiormente sul genitore economicamente più debole”. “Il DDL abroga l’assegno di mantenimento a favore del figlio – continua la CGIL – e prevede che i genitori suddividano i costi in relazione al reddito, ignorando che nel nostro Paese esiste una consistente disparità occupazionale e reddituale a sfavore delle donne: spesso le donne lasciano il lavoro alla nascita del primo figlio, l’occupazione femminile è al 49%, la differenza salariale arriva al 25% e sono ancora poche le donne che seguono percorsi di carriera. Se le donne, per condizioni di vita e di lavoro, non riusciranno ad assolvere gli oneri finanziari imposti dalla legge, la conseguenza sarà la perdita della relazione con il figlio”. “Infine si scoraggia la denuncia di violenza domestica – aggiunge il sindacato – perché se la donna osa denunciare condotte violente del marito/compagno e chiederne l’allontanamento ma non riesce a dimostrare che la violenza è sistematica, rischia di essere accusata di provocare gravi pregiudizi ai diritti di relazione del figlio con il marito/compagno e di essere privata del rapporto con il figlio. Inoltre la proposta di legge asserisce che il rifiuto dei minori vittime di violenza diretta o assistita di vedere o rimanere con il genitore violento può essere considerato frutto di condizionamento da parte dell’altro genitore, vittima a sua volta di violenza, che rischia di perdere la propria responsabilità genitoriale. Si colpiscono quindi le vittime e si salva il maltrattante”.
Fonti. Comunicato Stampa 09/11/2018]]>