Domani ai Rozzi, il giovane scrittore senese fa il suo esordio nel panorama letterario. La presentazione del libro affidata Mario Ascheri e Vinicio Serino, mentre la prefazione è stata curata da Dante Maffia. Appuntamento culturale domani sera a Siena con Ernesto Piane e il suo “I Racconti della lince”, esordio letterario del giovane scrittore senese, che si terrà alle 18:45, presso la Sala della Suvera dell’Accademia dei Rozzi, in Via di Città. Il libro di Piane, edito da “Edizioni Argonautiche” di Chianciano T., verrà presentato da due nomi notissimi del panorama culturale senese, Mario Ascheri e Vinicio Serino, garanzia di qualità e sicuro interesse per l’opera, che nel nome riporta uno degli animali dagli innumerevoli significati simbolici. Un esordio importante, responsabile e di sicura emozione per il giovane laureando in medicina, contradaiolo della Chiocciola, amante del viaggio e dello stare assieme, con la grande passione per la lettura e la scrittura. Tutto ha dato forma e sostanza, fantasia, vita, ai racconti del suo libro, così come, descrive Dante Maffia, poeta, narratore, saggista, critico d’arte e fondatore di riviste prestigiose, che riportiamo:
La prima osservazione da fare su questi racconti è che non si tratta di fatti autobiografici a cui spessissimo, specialmente i giovani all’esordio, attingono con la convinzione che l’esperienza della propria vita sia sufficiente a porsi come misura. Il tessuto delle narrazioni di Ernesto Piane è vario, e stavo per dire frastagliato, perché egli attinge alle suggestioni della sua fantasia, o alle suggestioni delle letture, e ne trae alimento per ridisegnare a modo suo il mondo, dargli un assetto secondo ciò che sente e spera. Ciò mi pare sostanzialmente un’operazione ideale, dentro la quale il giovane scrittore gioca le carte di una sensibilità che da una parte si è abbeverata ai classici e dall’altra alla narrativa corrente, quella che da qualche decennio impera e suggerisce moduli più vicini alle sceneggiature anziché alla lezione dei grandi. Un segno dei tempi, che ha una sua identità riconoscibile e che ha saputo dare, ultimamente, risultati ragguardevoli. Gli esempi potrebbero essere tanti, ma è meglio restare a Piane che mi pare abbia tutte le carte in regola per proseguire un cammino convincente da subito. Diciamo subito delle percezioni ricevute all’impatto: lo scrittore sembra arso di irrequietudine, e mostra anche di disprezzare un tantino il prossimo ed è uno dei motivi cardini per cui si rifugia in argomentazioni fantasiose, lontane. Avrebbe potuto architettare un lungo e variegato romanzo con vicissitudini incastonate una nell’altra e con sorprendenti intrecci e svolte altrettanto sorprendenti; avrebbe potuto darci l’affresco di una realtà osservata e analizzata con puntigliosa razionalità e con un po’di acredine. Invece si cimenta nel racconto, la più difficile delle esperienze di scrittura, come hanno affermato in più d’una occasione scrittori d’ogni epoca. E poiché niente si fa per caso, anche quando sembra che non si siano fatte scelte oculate e ponderate, il fatto che Ernesto Piane abbia scelto la misura breve ci fa capire che egli ha voluto focalizzare gli aspetti della realtà lontano e fuori da strutture congegnate e arzigogolate, fermandosi a “momenti” che tuttavia vogliono sintetizzare aspetti significativi del mondo. Io ho avuto il privilegio di leggere in anteprima i racconti di questo libro e di commentarli uno per uno, convinto che al lettore a volte bisogna dare la chiave interpretativa per entrare in un mondo sconosciuto e, per molti aspetti, inedito. Rileggendo evito di ripercorrere la strada già fatta, di soffermarmi sulle vicende narrate e cercare le ragioni che stanno alla base di un lavoro che trovo istoriato come un arazzo che però a volte fa sentire il palpito di qualcosa di incompiuto. Ernesto Piane fa intravedere il possesso di fuochi d’artificio che lo dilaniano e lo rendono frenetico e subito dopo perplesso dinanzi alle questioni rilevanti dell’essere. Da qui le sue annotazioni che spingono verso soluzioni irreali, verso un linguaggio che non sa restare fermo all’assunto e dilaga nell’ibrido di forme che rasentano il fumetto. Cioè, egli si adegua al linguaggio giovanile, ne trae alimento e timbro, cadenza e soluzioni riuscendo a districarsi nelle matasse intricate di rituali e di simbologie di cui la letteratura si sta lentamente appropriando. Ci sarebbe da fare un lungo discorso su “Perché il racconto?”. Inchiesta da me compiuta negli anni ottanta per sentire il polso di un rapporto sempre avversato dagli editori nonostante che ci siano autori di rilievo straordinario che si sono espressi attraverso i lampi della sintesi. Ma ci allontaneremmo dal libro di Piane che ci impone la sua presenza con le caratteristiche del nostro tempo senza tenere conto della tradizione alta che affonda nelle lontananze boccaccesche o in quelle cecoviane o gogoliane o tolstoiane o zoliane. La qualità dei racconti del volume è varia, come sempre accade quando si tentano le corde di strumenti musicali diversi. E diverse sono le intonazioni e gli esiti, ma nell’insieme ci danno l’idea di una attività dello scrittore tesa a risolvere i dissidi interiori e a farceli intendere nella loro complessità e nelle loro lacerazioni. Mi pare un battesimo di non poco conto. La prima scommessa è vinta. Dante MaffiaL’accademia dei Rozzi e la Sala Suvera, luogo della presentazione ]]>