“La città si deve riappropriare dei propri beni collettivi, definire una politica di sviluppo sostenibile, impiegando in modo diverso anche gli operatori privati e non solo.” L’ingresso alla cattedrale Notre Dame di Parigi è gratuito, così come al Centro Pompidou (il Beauburg di Renzo Piano e Richard Rogers), tranne che per le mostre estemporanee. A Siena, invece, gli accessi si pagano sia alla Cattedrale come al Santa Maria della Scala. Opera della cattedrale metropolitana e Comune brillano per il numero dei biglietti venduti, un po’ meno per favorire una produzione culturale autonoma e originale. Ovvero, quello che la città ha fatto per secoli. Non sono risparmiati dalla logica del registratore di cassa nemmeno i senesi. La mostra dedicata a Lorenzetti è gratuita per i residenti solo un giorno al mese, e solo su prenotazione. Le cronache ci dicono che l’ingresso alla cattedrale è stato vietato a una nonna senese e al suo nipotino, in concomitanza di una messa, sebbene l’anziana signora si fosse dichiarata disponibile a seguire la funzione religiosa. La Scrittura dice: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera…”, ma se ne sono dimenticati. Si commercializza un patrimonio universale e di una fede religiosa, arricchendolo di proiezioni ed effetti speciali. Più in generale, i pochi eventi artistici vengono gestiti come fossero un evento sportivo o il concerto di una rockstar. «Una grande mostra – osserva Pierluigi Piccini – dovrebbe coinvolgere scuole, università, tour operator, associazioni, portare ricchezza a ristoratori e albergatori, richiamare viaggiatori più esigenti e raffinati, allungare la permanenza media dei turisti. Ma gli interessi sembrano essere di altra natura». C’è modo e modo di produrre cultura e, attraverso di essa, creare occupazione. «Il Santa Maria della Scala – conclude Pierluigi Piccini – avrebbe dovuto ospitare fra l’altro artigiani, restauratori, quindi liberare tante energie. Ecco, questo è il punto: Siena si deve riappropriare dei propri beni collettivi, quindi definire una politica di sviluppo sostenibile, impiegando in modo diverso anche gli operatori privati, utilizzando al meglio le loro potenzialità, e non solo essi. Una mostra come quella su Lorenzetti non ha avuto il risalto che avrebbe meritato. Allo stesso modo, vendere birra e profumi al Santa Maria della Scala è un palliativo, così come fare serate di musica e conferenze, abbinate a degustazioni di vino. Il reddito da lavoro che può produrre la cultura è un’altra cosa: da qui occorre ripartire».
Fonti. Comunicato Stampa 04/11/2017]]>