Siena. Scaramelli (PD): "Per MPS, serve una risposta dal mercato. No alla nazionalizzazione"

Il Consigliere Regionale: “Le speculazioni politiche, come gli auspici di fallimento, non fanno bene ai risparmiatori, ai lavoratori della banca, ai cittadini, all’Italia.”

«E’ vero, uno degli errori compiuti in passato è stato fatto dai governi nazionali che negli anni scorsi non si sono attivati, come invece accaduto in altri paesi europei, per salvare la banca – ha detto Scaramelli -. Oggi, il governo Renzi fa bene a muoversi, perché, non lo dimentichiamo, in questo momento il Tesoro è il primo azionista di Mps. C’è chi pensa alla nazionalizzazione – ha aggiunto Scaramelli rivolto all’opposizione – noi, al contrario, pensiamo che la risposta debba essere il mercato, consapevoli che il quadro normativo europeo è mutato. Il sottoscritto, già nel 2012, chiese il commissariamento della banca e fu un errore non farlo. Come errori sono stati fatti dalla Fondazione Mps. Mi riferisco in particolare al 2015 quando la Fondazione non avrebbe dovuto partecipare a quell’aumento di capitale con cui ha visto diluire la propria quota nella banca. Una partecipazione all’aumento di capitale che ha portato la Fondazione Mps a bruciare nel mercato 150 milioni di euro. Una cifra che sommata ai 500 milioni di patrimonio che possedeva all’epoca, oggi, le avrebbe consentito di essere il socio di riferimento di Banca Mps. Un soggetto in grado di dare stabilità e relazioni al territorio. Con il lavoro della Commissione d’inchiesta è stata fatta un’azione importante: la riflessione sugli errori del passato, indispensabile per evitare di non commetterne altri in futuro. Ho apprezzato nel dibattito di oggi la correttezza istituzionale e politica, le posizioni differenti e la collaborazione di tutti i gruppo politici tesi all’obiettivo comune, la risoluzione del problema. Le speculazioni politiche, come gli auspici di fallimento, non fanno bene ai risparmiatori, ai lavoratori della banca, ai cittadini, all’Italia. E su questa linea ricordo come più volte, dal 2012 insieme all’attuale capo del governo Matteo Renzi, dicemmo che la politica doveva stare fuori dalle banche. Quella politica che in passato ha determinato non solo acquisizioni sbagliate ma anche ingerenze nelle concessioni del credito. C’è una nuova classe dirigente nel Pd, che sta cercando di cambiare, anche nell’assunzione di errori non derivanti da azioni proprie, ma di chi ci ha preceduti, puntando all’obiettivo di dare un futuro ai risparmiatori e ai 24.000 lavoratori della banca».


Fonti Stampa Siena del 12/10/2016]]>

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