Per il Consorzio del Vino Orcia, è stato perso oltre metà del raccolto dell’uva: la siccità ha inciso per il 60% del calo e la restante parte è dipeso dagli ungulati. Allo stesso tempo il Sangiovese riesce ad adattarsi meglio alle mutazioni climatiche e la qualità dell’uva è buona. I vitigni autoctoni resistono meglio ai cambiamenti climatici La vendemmia non è ancora finita, per le uve rosse di Sangiovese, ma è già possibile fare una prima stima dei cali produttivi nei 12 comuni della DOC Orcia. La zona più colpita dagli effetti del caldo e la mancanza di piogge risulta essere quella di Sarteano, ma anche i territori di Trequanda e Buonconvento lamentano forti cali di produzione legati al clima. Purtroppo a questa calamità si è sommato un autentico attacco da parte di cinghiali e caprioli che, da giugno, sono arrivati nelle vigne mangiando uva acerba nel tentativo di sfamarsi e dissetarsi. In alcuni casi la combinazione di questi due elementi ha provocato un risultato devastante con perdite che toccano fino all’80% il raccolto d’uva e con gli effetti dei cinghiali e dei caprioli che in qualche caso, eguagliano o superano persino quelli della siccità. Nell’Orcia le prime stime si allontanano molto dalla media regionale diffusa a inizio settembre da Ismea e Unione Italiana Vini e che prevede un calo produttivo del 32,5%. Insomma un vero peccato per il bellissimo territorio dell’Orcia, in gran parte iscritto nel Patrimonio dell’Umanità Unesco proprio per l’integrità dei suoi centri d’arte e del suo paesaggio agricolo. Un territorio molto grande che comprende i comuni di Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Quirico d’Orcia, Trequanda e parte di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena. “In questa particolare annata l’assenza di piogge e i terreni sabbiosi, presenti in alcune aree delladenominazione, hanno trasformato il bellissimo paesaggio in una zona arida con boschi di querce seccati dal sole. Inoltre, come è ben noto, in Toscana la selvaggina di grandi dimensioni è 4 volte superiore alla media nazionale ed è concentrata nella Provincia di Siena dove, per anni, il contenimento degli ungulati è stato particolarmente carente“, afferma Donatella Cinelli Colombini, Presidente del Consorzio del vino Orcia, spiegando le ragioni di una situazione che mette in grave difficoltà le aziende e le persone che ci lavorano. Gli scarsi risultati in termini di produzione d’uva vengono compensati da una buona qualità dell’uva, che in certi vigneti è ottima, grazie alla presenza di grappoli sani con una gradazione più elevata rispetto agli ultimi cinque anni e con un’ottima concentrazione di estratti negli acini dal calibro inferiore alla norma. E’ il vitigno Sangiovese, il fil rouge che lega la denominazione Orcia, nata il 14 febbraio 2000 e prodotta in circa 60 cantine, nella maggior parte dei casi molto piccole. L’Orcia comprende la varietà Orcia ottenuto da uve rosse con almeno il 60% di Sangiovese e la tipologia “Orcia Sangiovese” con almeno il 90% di questo vitigno unito in blend a vitigni autoctoni. I vini rossi hanno anche la versione “Riserva”, ma la denominazione comprende anche le tipologie Bianco, Rosato e Vin Santo. Nonostante le condizioni climatiche, che hanno messo a dura prova i vigneti dell’Orcia, siamo incoraggiati dagli studi condotti da Attilio Scienza e Donato Lanati, che sostengono come i vitigni autoctoni dimostrino migliori capacità di adattamento alle condizioni climatiche degli ultimi anni. Nelle sue zone di maggiore vocazione, come a Montalcino o in Val d’Orcia, il Sangiovese reagisce bene a questi cambiamenti. Aggiungiamo noi che anche il Foglia Tonda, vitigno autoctono riscoperto e valorizzato dal 2000 per la produzione di alcuni vini Orcia, sta regalando grandi soddisfazioni in termini di resistenza ai cambiamenti climatici.
Fonti Comunicato stampa – Consorzio del vino Orcia del 22/09/2017]]>